Avv. Giovanna Longhi e Avv. Giorgio Sacco
Premessa.
L’incalzare della straordinaria emergenza epidemiologia da Covid-19 ha imposto un repentino ripensamento non solo dell’organizzazione degli uffici pubblici in tutte le varie ramificazioni, ma anche delle modalità con cui si esplica l’attività lavorativa del personale, in tutte le sue sfaccettature.
L’adozione di numerosi interventi normativi, sia di rango primario che secondario e infine contrattuale, ha avuto come obiettivo, da un lato, di assicurare lo svolgimento dei pubblici servizi (essenziali e non), e dall’altro, di ridurre la presenza di personale negli uffici pubblici e limitare gli spostamenti delle persone.
La norma di rango primario e cornice di sistema con cui il legislatore ha inteso regolare la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici genericamente considerati è l’art. 87 del D.L. n. 18/2020 (Decreto “Cura Italia”), cui poi si sono affiancate ulteriori norme secondarie, relative anche alle specificità dei vari uffici.
Inoltre, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, maggiormente rappresentative nelle pubbliche amministrazioni hanno sottoscritto il 14 marzo 2020 il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, nuovamente sottoscritto in data 2 aprile 2020, al fine di agevolare il ricorso a misure di contenimento del contagio, mettere in sicurezza gli ambienti di lavoro e di accesso al pubblico e contestualmente garantire la continuità dei servizi.
Art. 87, D.L. 18/2020 (Decreto “Cura Italia”) – normativa di base.
In particolare, facendo seguito a quanto indicato dalla direttiva n. 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione, con l’art. 87citato si stabilisce che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni.
Le Amministrazioni devono dunque abbattere eventuali ostacoli rispetto al pieno utilizzo di tale modalità lavorativa, anche per situazioni lavorative che potrebbero presentare aspetti problematici. Un esempio in questo senso è la previsione della possibilità che il dipendete utilizzi i mezzi informatici nella propria disponibilità qualora non siano forniti dall’amministrazione
L’ Amministrazione, poi, deve:
- limitare la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza (art. 87, comma 1, lett. a), d.l. 18/2020);
- Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva (art. 87, comma 3, d.l. 18/2020);
- Esperite tali possibilità, le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio, pur risultando come servizio prestato a tutti gli effetti di legge (art. 87, comma 3, d.l. 18/2020.
Nell’attuale fase di emergenza le pubbliche amministrazioni svolgono solo le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e le attività indifferibili sia per l’utenza interna (a titolo esemplificativo: pagamento stipendi, attività logistiche necessarie per l’apertura e la funzionalità dei locali), sia per l’utenza esterna.
La presenza del personale negli uffici deve essere limitata ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento delle predette attività.
In proposito devono essere adottate forme di turnazione e rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio e, allo stesso tempo, non avere troppo personale presente, stabilendo orari di ingresso e uscita scaglionati dei dipendenti e dell’eventuale utenza in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni.
Si badi bene che, come precisato nella direttiva n. 2/2020, anche per le attività individuate come indifferibili deve prioritariamente essere individuata una modalità telematica o comunque a distanza di esecuzione (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale).
Solo nei casi in cui il servizio non possa in alcun modo essere reso con le predette modalità, gli accessi negli uffici devono essere scaglionati come sopra detto mediante prenotazioni di appuntamenti, assicurando che sia mantenuta un’adeguata distanza (c.d. distanza droplet) tra gli operatori pubblici e l’utenza, e tra gli utenti stessi.
Devono quindi essere garantite le più opportune condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro, con gli adeguati DPI (dispositivi di protezione individuale) previsti dalla normativa e dalle competenti autorità, considerando le specificità dei vari uffici e servizi resi.
Deve essere svolto un importante confronto con le organizzazioni sindacali anche sull’importanza di contingentare l’accesso del personale agli spazi comuni, alle mense, alle aree di attesa, con la previsione di una ventilazione o aerazione continua dei locali stessi, di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di almeno 1 metro tra le persone che li occupano. È opportuno che i dipendenti abbiano tutti i dispositivi di protezione personali come guanti e mascherine.
È importante che venga assicurata una accurata pulizia giornaliera con solventi disinfettanti e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di attesa dell’utenza e che, laddove si verifichi un caso di positività al COVID-19 di un dipendente o di eventuale cittadino/utente che ha avuto recente accesso agli spazi di un’amministrazione, questa venga chiusa per almeno 24 ore ai fini dello svolgimento delle operazioni di pulizia e sanificazione (circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute).
Ciascuna PA è responsabile dell’applicazione delle misure urgenti e di individuare le attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, dando successiva comunicazione (anche semplificata) al personale.
Da quanto detto discende che il singolo dipendente non può ritenersi automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro, se non ha ancora ottenuto le direttive impartite, ma può richiedere che l’Amministrazione provveda nel più breve tempo possibile, anche attraverso strumenti giudiziali di urgenza (procedure ex art. 700 c.p.c.).
Nell’ambito, poi, delle singole situazioni contrattuali va rilevato che il periodo di prova non è incompatibile con la modalità del lavoro agile in quanto ai fini del compimento del periodo di provasi si tiene conto del servizio effettivamente prestato (art. 14 L. n. 124/2015).
Tra l’altro, per quelle figure professionali la cui attività difficilmente può essere prestata in smartworking, è possibile, e l’Amministrazione ha il dovere di permetterlo, promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile così che l’attuale situazione potrebbe costituire un momento utile di qualificazione e aggiornamento professionale.
Vi sono poi diversi profili che devono essere oggetto di confronto con le Organizzazioni Sindacali, con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto. In base alla citata direttiva n. 2/2020 il personale in smartworking non avrebbe un automatico diritto al buono pasto: ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali.
Analogamente,il confronto sindacale si deve incentrare sulla regolazione di ulteriori particolari istituti quali le prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro.
Questi istituti, infatti, non risulterebbero del tutto compatibili con il lavoro agile come ordinaria modalità di lavoro.
Le ferie.
Come detto, se non è possibile ricorrere al lavoro agile, le amministrazioni utilizzano innanzitutto gli strumenti delle ferie pregresse1.
Si deve fare riferimento alle ferie maturate e non fruite, nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro.
Sul punto si richiamano, quindi, le disposizioni contenute nei diversi CCNL di comparto che, nella generalità, pongono un limite alla discrezionalità del datore di lavoro, il quale deve consentire la fruizione delle ferie non godute dal lavoratore nell’anno di maturazione per “indifferibili esigenze di servizio”, entro il primo semestre dell’anno successivo.
Le predette disposizioni contrattuali soddisfano le esigenze di tutela dell’integrità fisica del lavoratore e dello suo stato di salute, nonché il principio secondo cui l’effetto positivo delle ferie si esplica pienamente se esse vengono fruite nell’anno.
Dunque, in tale contesto di emergenza, ferma restando la priorità del lavoro agile, è stato ritenuto legittimo che le amministrazioni possano ricorrere all’istituto delle ferie, se del caso a rotazione o intervallate con il lavoro agile, anche in ragione dei picchi di attività.
Chiaramente, oltre alle ferie del 2018 o precedenti, la norma deve intendersi riferita anche a quelle del 2019 non ancora fruite.
1La disposizione, però, non è applicabile al personale sanitario del SSN, essendo previsto dal DPCM 8.3.2020 (at. 1, comm1, lett. p)) e dal DPCM 10.4.2020 (art. l, comma 1 lett. r)) che “sono sospesi i congedi ordinari del personale sanitario e tecnico, nonchè del personale le cui attività siano necessarie a gestire le attività richieste dalle unità di crisi costituite a livello regionale“.
Non rientrano, invece, nel concetto di ferie pregresse le giornate per le festività soppresse che devono necessariamente essere godute nell’anno di riferimento, pena la non fruibilità delle stesse.
Esenzione dal servizio.
L’art. 87, comma 3 del d.l. 18/2020 prevede che, solo dopo aver verificato la non praticabilità delle soluzioni alternative (lavoro agile, ferie pregresse, congedo, banca ore, rotazione, analoghi istituti) è possibile prevedere, come extrema ratio, di esentare il personale dipendente.
Tale periodo di esenzione viene equiparato al servizio prestato a tutti gli effetti di legge e, quindi, senza ripercussioni sulla retribuzione e senza che l’istituto incida negativamente ai fini della valutazione e dell’erogazione del trattamento accessorio.
La decisione di esentare il personale deve essere motivata e potrà essere in concreto esercitata solo se non determina, considerato il contesto emergenziale in atto, effetti negativi sull’attività che l’amministrazione è chiamata ad espletare.
Il provvedimento di esenzione dovrà, quindi, illustrare la sussistenza dei richiamati presupposti.
Da ultimo, si rappresenta che per alcune figure professionali, quali dirigenti e titolari di posizioni organizzative, che svolgono una preminente funzione di coordinamento e direzione, appare estremamente difficile ipotizzare il ricorso all’esenzione dal servizio, essendo prevalentemente compatibili con lo svolgimento in modalità agile.
Articolo 24 del d.l. 18/2020 – permessi ex lege n. 104 del 1992 .
In aggiunta alla norma di sistema dell’articolo 87 del d.l. 18/2020, anche l’articolo 24 del decreto legge svolge un importante ruolo nella tutela della salute del personale dipendente, con identico scopo di ridurre al minimo gli spostamenti dei lavoratori.
La norma prevede che i permessi retribuiti a disposizione dei lavoratori che assistono i soggetti disabili in situazione di gravità, stabiliti in 3 giorni al mese, sono incrementati di ulteriori complessive 12 giornate usufruibili nei mesi di marzo ed aprile.
Vengono previste, quindi, ulteriori 12 giornate complessive, che si aggiungono a quelle già stabilite dalla normativa vigente, fruibili indifferentemente tra marzo e aprile, compatibilmente però con le esigenze organizzative della pubblica amministrazione.
Se poi un dipendente assiste più di una persona disabile oggi ha diritto di sommare tanti incrementi quante sono le persone assistite nei mesi di marzo e aprile, anche se di fatto risulta praticamente impossibile poterne completamente usufruire.
Lo stesso vale nel caso in cui il permesso non sia legato all’assistenza di un congiunto ma a una situazione patologica propria del dipendente.
Non si ritiene, invece, possibile fruire dei permessi aggiuntivi a ore in quanto, pur astrattamente compatibile con il quadro regolativo di riferimento, non è compatibile con l’obiettivo di limitare gli spostamenti delle persone fisiche e non funzionale allo smartworking (ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa).
Il punto deve essere oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali, con la possibilità di prevedere l’uso solo giornaliero dei permessi ed eventualmente in forma continuativa.
Per il personale sanitario del SSN, l’art. 24, al comma 2, pone una limitazione: possono usufruire dei permessi citati solo compatibilmente con le esigenze organizzative.
Articolo 25 del d.l. 18/2020 – congedi e bonus.
L’articolo 25 del d.l. 18/2020 reca disposizioni in materia di congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore pubblico ed introduce una nuova forma di congedo a favore dei genitori ulteriore rispetto a quello ordinariamente previsto dall’articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001.
La fruizione di tale congedo agisce con retroattività rispetto all’entrata in vigore della norma:
- i genitori con figli fino a 12 anni di età, a decorrere dal 5 marzo e per tutto il periodo di sospensione delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado ( DPCM 4 marzo 2020) possono usufruire in modo continuativo o frazionato di un congedo di complessivi 15 giorni;
- viene riconosciuta una indennità pari al 50% della retribuzione.
Si tratta di un congedo che può sostituire, a decorrere dal 5 marzo , l’eventuale congedo parentale non retribuito già in godimento.
Tale congedo parentale può essere fruito, alternativamente, da entrambi i genitori per un totale di 15 giorni complessivi.
Tuttavia tale congedo può essere riconosciuto solo se nel nucleo familiare non vi sia altro genitore che risulti già beneficiario di strumenti di sostegno al reddito per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, oppure vi sia uno dei genitori disoccupato o non lavoratore.
La vigenza di tale congedo è comunque correlata alla chiusura delle scuole e dunque dipende dai provvedimenti relativi del Ministro dell’Istruzione, applicandosi, in sintesi, dal 5 marzo e sino al termine della sospensione delle attività didattiche.
I dipendenti pubblici che vogliono fruire dei permessi aggiuntivi devono presentare domanda all’Amministrazione di appartenenza ( e non a INPS ).
Il comma 3 dell’art. 25 citato prevede, poi per i lavoratori del SSN pubblico e privato accreditato (medici, infermieri, tecnici di laboratorio biomedico, tecnici di radiologia biomedica e OO.SS.) il bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per l’assistenza e la sorveglianza dei figli minori fino a 12 anni di età, in alternativa alla prestazione di cui al comma 1, nel limite massimo complessivo di 1.000 euro.
Tale disposizione viene estesa anche al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Il bonus può essere chiesto anche se si usufruisce dei giorni aggiuntivi di permesso retribuito (legge 104/1992) o dei congedi parentali prolungati per i genitori di figli con disabilità grave.
Articolo 26 del d.l. 18/2020 – ulteriori misure a favore di particolari categorie di dipendenti.
L’articolo 26, comma 2, del d.l. 18/2020 riconosce fino al 30 aprile 2020 ai lavoratori dipendenti pubblici (e privati) in con disabilità grave riconosciuta ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 104/1992 e ai lavoratori certificati dai competenti organi medico legali con una condizione di rischio derivante da immuno-depressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, che il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero (art. 19, comma 1, d.l. 9/2020, attualmente in fase di conversione).
Infine, l’articolo 39 del d.l. 18/2020, per favorire la continuità lavorativa di chi è più debole, in coerenza con l’art. 87 citato, dispone che fino al 30 aprile 2020 i lavoratori dipendenti con disabilità grave o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.