Il lavoratore iscritto al sindacato non firmatario del contratto collettivo nazionale può ancora dare la delega al datore di lavoro per il versamento del contributo sindacale?

 

 

Di fronte ai casi di contratti nazionali separati è sorto il dubbio se i lavoratori iscritti al sindacato che non ha aderito al rinnovo (la Fiom nel settore metalmeccanico, la Filcams nel commercio, ecc.), ed ai quali dunque potrebbe ritenersi non applicabile il nuovo contratto collettivo (la questione, come noto, è complessa e discussa), abbiano ancora diritto a versare i contributi sindacali tramite delega al datore di lavoro. Il dubbio sorge dal fatto che di solito tale diritto si fonda in primo luogo sulla previsione del contratto collettivo, la cui validità però, per quei lavoratori, nel caso è discussa, vi è poi da chiarire la disciplina di legge applicabile nel caso, complicata da alcune novità intervenute con la legge finanziaria del 2005.

 

 

La risposta a cura di Alberto Piccinini.

 

In occasione dell’ultimo rinnovo delle tessere, la FIOM-CGIL ha deciso di utilizzare una formula che fa riferimento alla cessione del credito e che risolve definitivamente una questione di diritto sulla quale per oltre trent’anni dottrina e giurisprudenza hanno avuto occasioni di confronto e discussione.

Il dibattito accademico – poco appassionante per i non addetti ai lavori – verteva sull’inquadramento giuridico da dare alle trattenute sindacali operate dai datori di lavoro a favore delle organizzazioni sindacali su espressa indicazione dei dipendenti ad esse iscritti, trattenute che avvenivano  per legge fino al referendum dell’11 giugno 1995 (abrogativo del 2° e 3° comma dell’art. 26 dello Statuto dei lavoratori) e solo su fonte contrattuale successivamente. 

Secondo alcuni, infatti, la cosiddetta “delega” rientrava nella figura giuridica della cessione del credito (art. 1260 c.c.) mentre secondo altri in quella della delegazione di pagamento (art. 1268 c.c.). 

 

L’esplicita opzione della FIOM per la prima soluzione trova conforto in numerose decisioni della Corte di Cassazione  (Cass. S.U. n. 28269/2005; Cass. n. 16383/06; Cass. n. 2495/08) ed ha risultati pratici molto importanti:

1. Se sussiste cessione del credito l’obbligo in capo al datore di lavoro di effettuare e versare le trattenute sindacali prescinde  dal suo  consenso:  pertanto egli è obbligato a farlo anche in assenza di un contratto collettivo che lo vincoli, con l’effetto pratico di evitare discriminazioni fra associazioni firmatarie e non firmatarie dei Contratti Collettivi di Lavoro in ordine al conseguimento dei contributi sindacali.

2. In caso di fallimento le somme già trattenute dalle buste paga dei lavoratori, ma non versate all'organizzazione sindacale,  con la qualificazione "delegazione di pagamento" (preferita dalla Confindustria) verrebbero recuperate assai più difficilmente -  non avendo il credito natura privilegiata - contrariamente a quanto invece  avviene con la "cessione del credito".

 

Le associazioni dei datori di lavoro si oppongono talvolta a tale lettura, invocando la riforma degli artt. 1 e 5 del DPR 180/50 ad opera della Legge Finanziaria 2005, a seguito della quale – a loro parere – sarebbe sopravvenuto un divieto assoluto di cessione dei crediti derivanti da stipendi e salari, divieto che comprenderebbe anche le cessioni a titolo di contributi sindacali.

 

Una recente decisione (Trib. Bologna Sez. IV Civ. e Fall.  29 aprile 2009, in Riv. Giur. Lav. 2009, II, 827 ss. con nota di Federico Martelloni) affronta questo specifico tema, richiamando precedenti favorevoli all’incedibilità (Trib. Torino 4 .12.2006; Trib. Novara 19.4.2006; Trib. Milano 6.6.2006; Trib. Ascoli Piceno 17.3.2007) ed altri di segno opposto (Corte Appello Torino 14.2.2007; Corte Appello Torino 9.2.2009; Trib. Firenze 6.6.2006; Trib. Roma – decr. – 16.11.2007; Trib. Velletri – decr. – 4.12.2007).

Il Tribunale di Bologna sviluppa il suo ragionamento richiamando le argomentazioni che lo avevano portato, in precedenza, ad aderire alla teoria della delegazione di pagamento per le trattenute sindacali «in ossequio all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale consolidatasi fino al 2004 (...) a prescindere dalla formulazione letterale delle “deleghe”ed alla loro espressa e diretta previsione  di revocabilità» riassumibili nei  seguenti punti:

1. Inquadrando in termini di delegazione la fattispecie il datore si assumerebbe soltanto costi ed oneri cui avrebbe prestato espressamente, in sede di contrattazione collettiva o aziendale o individuali, il proprio consenso.

2. Permarrebbe, sempre in tale ipotesi, la legittimazione ad agire anche in capo al lavoratore, che non si verrebbe privato della titolarità del credito alla retribuzione nei confronti del datore.

3. (Solo) tale soluzione garantirebbe la libertà (individuale) del lavoratore a scegliere in ogni momento di revocare la propria iscrizione al sindacato (art. 39 Cost.).

4. La soluzione della cessione del credito comporterebbe una mancanza di causa nel momento della stipulazione del negozio, riguardando solo quote di retribuzioni future.

Torna Indietro