LA RIFORMA DEL LAVORO A PART-TIME E A TEMPO DETERMINATO

DOPO la L. 247/ 2007 E  IL DL. 112/08 CONVERTITO NELLA L. 133/2008 [1]

 

Alberto Piccinini

 

Dopo le modifiche introdotte dalla precedente legislatura con la legge 24 dicembre 2007, n. 247 - finalizzate a rendere parzialmente “meno precari” i due istituti -  sono intervenute ulteriori modifiche in senso opposto ad opera della manovra economica dell’estate 2008 della nuova maggioranza: l’altalena di cambiamenti così ravvicinati non può che creare confusione tra gli interpreti e chi quelle leggi deve applicare.

In altri termini, avvocati, sindacalisti, giudici e consulenti del lavoro appena iniziano ad assimilare nuove regole, queste vengono modificate in modo significativo, per poi essere nuovamente modificate in senso contrario, quasi che l’alternanza delle maggioranze politiche debba presupporre una continua precarietà di certezze legislative. Per non dire delle incertezze contrattuali che automaticamente ne conseguono: dal momento infatti che le disposizioni dei contratti collettivi cercano di adeguarsi alle novità legislative, l’inevitabile ritardo con cui esse trovano applicazione comporta che possano essere presto già superate, modificando anche la portata della tutela. Si pensi, ad esempio, a quei contratti collettivi che non hanno disciplinato la cd. “clausola di ripensamento” per l’accettazione di clausole elastiche o flessibili nei part-time (di cui si parlerà): quando era data alle parti la possibilità di stipulare a livello individuale detti accordi, la mancata regolamentazione collettiva si caratterizzava per essere un elemento di svantaggio per il dipendente, più facilmente condizionabile dalle pretese datoriali; al contrario, la stessa omessa regolamentazione collettiva a seguito della legge 247/08 importa l’impossibilità per i singoli di stipulare gli accordi stessi, e quindi una maggiore tutela per la parte più debole del rapporto.

 

1.  IL PART -TIME.

 

L’istituto del part-time nel settore privato non ha subito modifiche con la manovra estiva (le novità infatti riguardano il passaggio dal part-time al full-time nella Pubblica Amministrazione: l’art. 73 della legge 133/08 interviene sulla legge 662/96 evitando l’automatismo del passaggio a semplice richiesta del lavoratore e rimettendo la decisione alla discrezionalità della PA): in compenso l’istituto,  disciplinato in modo organico dal D.lgs. 25 febbraio 2000  n. 61 (secondo quanto la stessa Corte Costituzionale ebbe a riconoscere con sentenza del maggio 2002, n. 210), modificato dal D.lgs. 26 febbraio 2001, n. 100, completamente stravolto dall’art. 46 del D.lgs.10 settembre 2003, n. 276, aveva subito ad opera della legge  24 dicembre 2007, n. 247 la sua quarta modifica dopo meno di otto anni.

L’interprete non è agevolato dal fatto che tutti gli interventi normativi successivi D.lgs. 25 febbraio 2000 n. 61 si siano “innestati” su quel testo di legge originario, emendandolo con aggiunta e sottrazione di frasi, con un risultato finale non sempre organico (e neppure sempre del tutto chiaro).

C’è subito da dire che l’ultimo intervento compensa parzialmente lo stravolgimento dell’assetto normativo preesistente con il quale il legislatore delegato del 2003 aveva inteso da un lato sminuire il ruolo della contrattazione collettiva nazionale  e dall’altro abbassare la soglia legale di tutela del singolo lavoratore, a vantaggio delle presunte esigenze di flessibilità datoriale e a svantaggio delle stesse esigenze di flessibilità del dipendente. 

Gli interventi più significativi della legge n. 247/07 riguardano:

a)  le clausole flessibili ed elastiche;

b)  la disciplina della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale e viceversa. Diritto incondizionato e diritto di precedenza.

 

1.a. Le clausole flessibili ed elastiche.

Le clausole flessibili (possibilità di variare la collocazione temporale della prestazione) e quelle elastiche (possibilità, nel part-time verticale e misto, di variare in aumento la durata della prestazione) secondo la previgente disciplina potevano essere concordate tra le parti anche in assenza di disposizioni di contratto collettivo. Oggi invece, a far data dal 1 gennaio 2008, tale accordo individuale - pur sempre necessario: cfr. art. 3 comma 9 del D.lgs. n. 61/2000, rimasto invariato sul punto - è consentito solo se previsto dalla contrattazione collettiva. Quanto ai soggetti collettivi abilitati a ciò, il nuovo testo di legge fa un riferimento ai soli “contratti collettivi stipulati d