Chi leggerà queste righe lo faccia dunque con l’intento curioso di chi vuole capire i fatti, ancor prima di approfondire questioni in diritto. I FATTI DI CAUSA Alla fine del mese di giugno 2010 veniva proclamato a livello unitario dalle diverse sigle sindacali uno stato di agitazione per protestare rispetto ad un aumento non concordato dei carichi produttivi. La mobilitazione coinvolgeva in particolare quattro linee produttive denominate UTE (Unità Tecnologiche Elementari) che vengono normalmente rifornite di materiale da veicoli a guida automatica denominati carrellini AGV. Nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, alle ore 1,45 circa, veniva indetto lo sciopero dalle RSU aziendali nell’ambito del citato stato di agitazione. Man mano che i lavoratori delle quattro UTE, informati delle sciopero, decidevano di aderirvi uscivano dalle linee, aggregandosi tra loro attraverso un corteo interno che si arrestava tra la UTE 3 e al UTE 4 per discutere dei carichi di lavoro. Nel momento in cui circa cinquanta dipendenti in sciopero (tra i quali numerosi delegati delle diverse sigle sindacali) si trovarono a stazionare in quell’area vi erano i carrellini AGV già fermi. Intorno alle 2,20 sopraggiungevano due responsabili delle UTE che intimavano a delegato FIOM Antonio Lamorte di riprendere la produzione. Il lavoratore, interdetto per il tono inutilmente acceso utilizzato dai due colleghi e per il contenuto dell’ordine (astensione dal lavoro e ripresa immediata della produzione appaiono concetti difficilmente conciliabili), rispondeva loro che si era ancora in sciopero. Poco dopo sopraggiungevano il Gestore Operativo Francesco Tartaglia e il Responsabile del Personale Savino Tribuzio che si rivolgevano allo stesso delegato contestandogli l'interruzione della produzione. Si noti che la distanza dei lavoratori dai carrelli era di circa uno\due metri, e che gli stessi si fermano quando ne impedisce il transito un ostacolo posto a circa 10\20 centimetri). Tartaglia si rivolgeva quindi con tono minaccioso e duro a Marco Pignatelli, un dipendente che si trovava casualmente vicino a Lamorte, accusandolo di ostruire il percorso dei carrelli AGV e ammonendolo che avrebbe potuto essere licenziato. Chiamato all’interno dello stabilimento da una telefonata di Lamorte che gli diceva che “qualcosa stava accadendo” e attirato dalle urla del Gestore Operativo, il delegato Barozzino si avvicinava a Tartaglia dicendogli che non gli era consentito di rivolgersi in quel modo al lavoratore. A questo punto, Tartaglia cominciava a dire: «allora sei contestato pure tu!» ripetendo più volte: «Barozzino e Lamorte siete contestati». Diversa la versione dei fatti della SATA. Secondo le lettere di contestazione disciplinare due capi, avendo visto il delegato FIOM Antonio Lamorte “davanti a un carrello in maniera da impedirne il decorso” lo avrebbero - invano - invitato a spostarsi. Chiamato quindi il Gestore Operativo Tartaglia e sopravvenuto quest’ultimo insieme con il responsabile del personale Tribuzio, “intorno alle 2,20”, lo stesso avrebbe trovato Lamorte, l’altro delegato FIOM Giovanni Barozzino e il dipendente (iscritto alla FIOM) Marco Pignatelli, nella stessa posizione. A quel punto anche Tartaglia li avrebbe invitati a “consentire il regolare transito dei carrelli”. La discussione, sempre secondo la versione aziendale, sarebbe proseguita per circa 15 minuti, “sino alle ore 2,30” allorquando i tre si sarebbero allontanati. Dopo il loro allontanamento però - e la circostanza è pacifica - il carrellino asseritamente bloccato dagli scioperanti non ripartiva, rendendosi necessario l’intervento di un capo che, schiacciando il pulsante reset, determinava il ravviamento dello stesso. Dei 50 circa lavoratori - tra i quali sei delegati di altre sigle sindacali (UILM, FISMIC, FIM e UGL) - nelle lettere di contestazione disciplinare non v’è traccia. IL RICORSO AI SENSI DELL’ART. 28 STATUTO DEI LAVORATORI La FIOM-CGIL di Potenza decideva di impugnare i tre licenziamenti con lo strumento della denuncia per condotta antisindacale. Nel ricorso - proposto avanti al Tribunale di Melfi, Sezione Lavoro - veniva evidenziato tra le altre cose il clima di intimidazione e ritorsione, nell’attuale contesto storico, nei confronti della FIOM-CGIL. I fatti di causa erano meglio definiti nel corso delle “sommarie informazioni” disposte dal Giudice, che interrogava, in due udienze durate complessivamente 16 ore, otto informatori. In particolare, sentito nel corso della prima udienza del 30 luglio il Gestore Operativo Francesco Tartaglia dichiarava che, una volta “avvertito telefonicamente dai capi UTE (…) che vi era un assembramento di lavoratori scioperanti (…) che impediva il transito dei carrelli AGV” vi si recava con il responsabile del personale. E finalmente compaiono gli altri scioperanti: “Mi sono recato nei pressi dell’assembramento. Non so precisare quale fosse la distanza tra i carrelli e il gruppo dei lavoratori, poiché l’elevato numero degli stessi impediva di valutare detta distanza”. Ma nonostante “l’elevato numero di scioperanti”, il responsabile del personale sig. Tribuzio non ha dubbi nell’individuare le persone da mettere sotto tiro. Racconta infatti Tartaglia: “Una volta giunti sul posto il Tribuzio si è rivolto espressamente ai sig.ri Lamorte e Barozzino, invitandoli a voler predisporre l’allontanamento degli scioperanti dalla pista magnetica, dove transitavano i carrelli AGV. Preciso che il Tribuzio si è rivolto in particolare ai due delegati proprio in virtù della loro funzione istituzionale, poiché siamo soliti interagire esclusivamente con i rappresentanti sindacali”. Dunque sono proprio i due delegati FIOM che verranno licenziati - e solo loro - quelli ai quali espressamente si rivolgono i capi. Se ne potrebbe dedurre che erano gli unici delegati sindacali presenti. Ma non è così. A domanda, infatti, così risponde il Tartaglia: “Oltre a Barozzino e Lamorte vi erano altri sei rappresentanti sindacali, anche di sigle diverse dalla FIOM”. Tuttavia, aggiunge Tartaglia, l’invito a spostarsi sarebbe stato raccolto da tutti gli scioperanti, ad eccezione di Barozzino e Lamorte, rimasti ad un metro dai carrelli. La difesa della società, a questo punto e accogliendo la versione dei fatti di Tartaglia, rettifica il contenuto della contestazione e illustra il seguente scenario: dopo la reiterata richiesta agli scioperanti di spostarsi, quasi tutti (ivi compresi i delegati della UILM, FISMIC, FIM e UGL) lo facevano, tranne i due delegati FIOM Lamorte e Barozzino, ai quali si sarebbe arditamente affiancato Pignatelli, collocatosi a braccia conserte tra il carrello fermo ed il Gestore Operativo che aveva impartito l’ordine. In questa seconda fase, quindi, si sarebbe concretizzata l’insubordinazione dei soli tre licenziati (che altrimenti avrebbe riguardato tutti gli scioperanti presenti). Ma Tartaglia è costretto a spiegare il motivo per cui i due non si sono spostati: “sono rimasti… a discutere con me”: l’essersi soffermati davanti al carrello sino alle 2,30, quando “tutto finì” - per un tempo che non poteva essere stato maggiore di due\tre minuti, per quanto emerso dalla lettura di un tabulato telefonico che attestò che alle 2,24 Lamorte telefonò a Barozzino, che si trovava fuori dallo stabilimento, per invitarlo a raggiungerli - è stata determinata semplicemente, come lo stesso Gestore Operativo è costretto ad ammettere, dalla necessità di proseguire la discussione da lui stesso iniziata. Resta comunque il fatto che la stessa presunta infrazione (aver impedito il transito dei carrelli), non risulterebbe rilevante disciplinarmente per l’insieme dei circa cinquanta lavoratori (tra i quali i delegati UILM, FISMIC, FIM e UGL) protagonisti della “prima fase”, ma sarebbe suscettibile di licenziamento in tronco per i tre della FIOM, asseritamente unici protagonisti della “seconda fase”. Tutti concordano peraltro sul fatto che quando anche i tre