LE MISURE SUL PRECARIATO PER IL SETTORE PRIVATO

NELLA FINANZIARIA 2007*

Alberto Piccinini

Devo doverosamente premettere che le considerazioni che mi accingo a fare sono strettamente personali, e quindi non pretendono in alcun modo di rappresentate l’opinione dell’AGI e/o dell’AGER, associazioni con composizione “bipartisan” al cui interno coabitano opinioni divergenti su svariati temi, ivi compreso quello del precariato.

E certamente dobbiamo a una divergenza di opinioni anche “nel Paese” gli scarsi risultati finora conseguiti rispetto a uno dei punti più qualificanti del programma dell’Unione. Sono convinto che un forte condizionamento in questa direzione sia stato dato dalla vera e propria aggressione da parte di organi di stampa, forze politiche dell’opposizione ed associazioni datoriali nei confronti di tutti coloro che avevano criticato le misure poste in essere del precedente Governo nel campo del diritto del lavoro, attraverso un accostamento, neppure troppo velato, tra chi aveva espresso dissenso e chi barbaramente ucciso Marco Biagi.

Viene così additata come sacrilega qualunque prospettiva di intervento modificativo anche delle più disparate ed inutilizzate tipologie contrattuali, introdotte dal decreto attuativo della legge 30, che avevano “precarizzato” il lavoro subordinato (compresi il contratto intermittente, il lavoro ripartito e la somministrazione a tempo indeterminato): è questa evidentemente la motivazione della prudenza dell’attuale maggioranza - peraltro divisa, al suo interno, tra i fautori dell’“abrogazione” e quelli del “superamento” - a mettere in campo persino quegli interventi minimi prospettati dallo stesso Ministro Damiano.

Ha ugualmente subìto una battuta d’arresto il percorso di concertazione sulle modifiche alla disciplina del contratto a termine, al di là delle affermazioni di principio sulla centralità del contratto a tempo indeterminato e sulla volontà di rimuovere gli abusi. Una volta accantonato il proposito del Governo di procedere unilateralmente in assenza di un tempestivo accordo tra le parti sociali, il dibattito sta lentamente procedendo su linee guida faticosamente condivise: sostegno alla contrattazione, intervento sulle proroghe e sui rinnovi, ripristino del diritto di precedenza (quantomeno per i lavoratori stagionali). Il tutto nell’imbarazzo endo-sindacale dato dalla consapevolezza che questo tema era stato occasione della prima importante frattura tra le tre sigle comparativamente più rappresentative, e che l’attuale disciplina della materia (D.Lgs. n. 368/01) è il frutto dell’accordo sindacale che sei anni fa aveva escluso la CGIL.

In questo difficile contesto acquistano quindi particolare rilevanza alcuni commi, disseminati tra i 1361 dell’art. 1 della Legge Finanziaria per il 2007 n. 296/06 riconducibili a misure finalizzate a contenere il lavoro precario ovvero ad espandere, seppure in misura minima, alcuni diritti. Mi riferisco, in particolare:

a) all’ art. 1 comma 770 che prevede l’aumento dell’aliquota contributiva per il lavoratori iscritti nella gestione separata dell’INPS (parasubordinati) al duplice fine da un lato di aumentare le prestazioni previdenziali e dall’altro di indurre quei datori di lavoro che stiano utilizzando i lavoratori a progetto in modo fraudolento, a trasformare i rapporti stessi in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, avendo cura di precisare, al comma 772, che “l’incremento contributivo di cui al comma 770 non può in ogni caso determinare una riduzione del compenso netto percepito dal lavoratore superiore ad un terzo dell’aumento dell’aliquota”;

b) al comma 788, che prevede per gli stessi lavoratori una indennità giornaliera di malattia a carico dell’INPS per un numero massimo di giornate pari ad un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e, comunque, per almeno 20 giorni nell’arco dell’anno solare. La misura della malattia è pari al “50% dell’importo corrisposto a titolo di indennità per degenza ospedaliera previsto dalla normativa vigente per tale categoria di lavoratori”. Sono esclusi gli “eventi morbosi di durata inferiore a 4 giorni” La stessa norma prevede una forma di trattamento economico pari al 30% del reddito a titolo di congedo parentale di cui si potrebbe usufruire “limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino”, se nato o adottato o preso in affidamento dopo il 1° gennaio 2007. Trattasi di misure assai modeste, se comparate a quelle delle lavoratrici madri dipendenti, non avendo, tra l’altro, le collaboratrici la facoltà di usufruire della gravidanza “a rischio” né la garanzia della conservazione del posto di lavoro dall’inizio della gravidanza fino al primo anno di vita del bambino, ma solo di una proroga del contratto per 180 giorni.

Altre misure della Finanziaria intervengono nei confronti del lavoro nero - che per l’assoluta mancanza di tutele e garanzie può considerarsi il “gradino più basso” del precariato - in continuità con alcune disposizioni contenute nel Decreto Bersani n. 223/06 (convertito, con modifiche, nella legge n. 248/06), che hanno imposto la sospensione dei cantieri ove sia stata accertata una percentuale di lavoro irregolare superiore al 20%, con la previsione - da parte del comma 1192 della legge Finanziaria - della “regolarizzazione e riallineamento retributivo e contributivo” dei rapporti di lavoro “non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria”. Dai dati nazionali dell’attività ispettiva presentati dal Ministro Damiano relativi al periodo 12 agosto 2006 – 31 marzo 2007 risultano emanati circa 1.000 provvedimenti di sospensione di cui circa 370 poi revocati per sopravvenuta regolarizzazione (nello stesso periodo risultano in edilizia circa 95.000 assunzione di nuovi soggetti non conosciuti dall’INAIL).

Sulla stessa linea si muovono ulteriori interventi quali:

a) la previsione, da parte del comma 1180, dell’obbligo di comunicazione al Servizio per l’impiego territorialmente competente, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo in forma coordinata e continuativa (anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo) il giorno prima dell’inizio del lavoro;

b) aver subordinato la fruizione di benefici normativi e contributivi al possesso del Documento unico di regolarità contributiva (DURC) fermo restando il rispetto degli accordi e dei contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali ed aziendali (misura estesa dal comma 1175 a tutti i settori, oltre a quello edilizio, a partire dal 1 luglio 2007).

c) aver previsto (commi da 1192 a 1201) un percorso agevolato di regolarizzazione fino ad una certa data (30 settembre 2007) che vede coinvolte le OOSS comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nella stipula di accordi aziendali o territoriali, con facoltà per il datore di lavoro di versare un importo di contributi pari a 2/3 delle somme evase, fino a ricostruire la posizione contributiva nell’ambito della prescrizione quinquennale, ottenendo in cambio la sospensione delle ispezioni e delle verifiche da parte delle autorità preposte, l’estinzione del reato ed il non pagamento delle sanzioni.

Su questo ultimo provvedimento è bene soffermarsi giacché – come di è visto – a differenza del percorso per la stabilizzazione dei contratti a progetto, di cui parlerò, per i quali il termine è già scaduto, la possibilità di far emergere il lavoro irregolare con tale strumento è ancora aperta.

L’istanza presentata all’INPS ai sensi dei commi 1191 e 1193 dal datore di lavoro privato che intende regolarizzare del personale “in nero