La costruzione giuridica ideata da Marchionne per escludere la Fiom Cgil dalle rappresentanze sindacali di tutti gli stabilimenti Fiat è crollata come un castello di sabbia di fronte ad una “lettura estensiva utilizzando lo stesso spirito seguito dalla Corte Costituzionale” dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori. In data 30 giugno 2011 Fiat decideva di uscire da Confindustria, con effetto dal 1 gennaio 2012, per poter disdire unilateralmente tutta la contrattazione in essere (ivi compreso l’Accordo Interconfederale che aveva istituito le Rappresentanze Sindacali Unitarie – RSU, in sostituzione delle Rappresentanze Sindacali Aziendali – RSA) per sottoscrivere propri contratti collettivi con i quali, riconoscendo quale unica rappresentanza sindacale la RSA, si prefiggeva l’obiettivo di limitarne la presenza nelle proprie aziende alle sole organizzazioni sindacali che tali accordi avevano sottoscritto. Ciò in base ad una lettura dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori secondo cui possono essere costituite RSA ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva solo in ambito “delle associazioni sindacali che siano firmatarie dei contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva”. Con il Decreto del 27 marzo 2012 il Tribunale di Bologna - dopo una approfondita disamina delle decisioni della Corte Costituzionale pronunciatasi all’indomani del referendum che aveva parzialmente abrogato l’art. 19 (lasciandolo, sostanzialmente, nel testo sopra richiamato) – evidenzia come il “il dato formale della materialità della sottoscrizione di un contratto di qualsiasi livello applicato all’unità produttiva non appare indispensabile essendo, al contrario, molto più probante l’effettiva partecipazione al processo di formazione del contratto anche in senso critico. Nessun dubbio da questo punto di vista che la Fiom abbia partecipato, come confermato dagli atti delle parti, alla fase della contrattazione concludendo con il rifiuto di firmare il contratto per meglio rappresentare, secondo il proprio intendimento, le ragioni dei propri iscritti” . Tale interpretazione, del resto, salvaguarda la dignità del sindacato “anche rispetto al cd. potere di accreditamento” per evitare il rischio “che l’imprenditore scelga il proprio interlocutore sindacale” . La lettura della norma in tal senso viene supportata anche da un richiamo all’articolo 8 della Legge 148/2011 che a sua volta richiama l’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 il quale introduce indici di rappresentatività delle organizzazioni sindacali che assumono come base i dati associativi riferiti alle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori. Alla luce di ciò il Tribunale sottolinea come l’ordinamento abbia introdotto quella specificazione di indici presuntivi auspicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 1996. Il giudice evidenzia a tale proposito “ che la Fiom è la sigla sindacale che conta il maggior numero di iscritti negli stabilimenti Magneti Marelli; che la CGIL, sindacato al quale è collegata la Fiom, è il sindacato in Italia che conta il maggior numero di iscritti, e l’esclusione di tale sindacato costituirebbe un grave vulnus al principio di democrazie nelle relazioni industriali” . A suo tempo ha destato sconcerto, nel mondo del lavoro e della cultura, la notizia che il principale sindacato italiano veniva di fatto estromesso dalle aziende del principale gruppo di imprese italiano. Questo decreto riconcilia il comune senso di giustizia con il diritto. Confidiamo che i Giudici chiamati a pronunciarsi presso tutti i tribunale ove esistono stabilimenti Fiat, confermino tale orientamento, che risulta del tutto conforme ai principi di democrazia e partecipazione. Bologna 27 marzo 2012 Alberto Piccinini, avvocato del collegio di difesa FIOM