Il giudizio in cassazione

dopo la legge n. 69 del 2009 ([1])

 

Alberto Piccinini

 

Premessa

Alla fine di luglio del 2008, in occasione di un convengo  promosso dall’AGI Friuli Venezia Giulia ([2]), ho provato a formulare un bilancio di due anni di giurisprudenza dopo la riforma processuale introdotta dal Dlgsl. n. 40 del 2006, guadagnando - immeritatamente - la fama di “esperto” nel procedimento del ricorso per cassazione, tanto che sono stato chiamato - sempre dall’AGI - a tenere una relazione a Messina nell’aprile di quest’anno. In questa seconda occasione si era nel pieno dei lavori in corso che hanno portato alle attuali modifiche introdotte  dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, essendo in quel momento appena passato al Senato (DDL. n. 1082)  il Disegno di Legge n. 1441-bis approvato dalla Camera il 2 ottobre 2008 sulla riforma del processo civile, il cui art. 48 aveva subito la sola modifica  - rispetto al testo originario - della soppressione dell’ipotesi di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 360 n. 5 contro la sentenza di appello conforme alla sentenza di primo grado (la cd. “doppia conforme”).

A distanza di pochi mesi mi trovo a parlare delle stesse cose in uno scenario ancora cambiato, in quanto prima dell’estate erano ancora “in ballo” quattro nuove ipotesi di ammissibilità  (e non, si badi bene, di inammissibilità)del ricorso, con la finalità dichiarata di voler limitare l’accesso alla S.C., anche se nel contempo era già stato  abrogato l’art. 366 bis (che aveva introdotto l’obbligo di formulazione di un quesito di diritto)[3].

 

Non starò a tediarvi sull’assurdità del testo della riforma poi non approvato, se non per dire che anche il testo approvato, lungi dall’essere chiaro e coerente, è solo la prova di un affannoso tentativo di cercare una soluzione ad un problema reale (l’impossibilità della Corte a far fronte all’eccessivo numero dei ricorsi che hanno fatto superare la soglia delle 30.000 sentenze all’anno[4]), tentativo probabilmente ancora sperimentale fino a quando non si arriverà a più radicali e definitivi cambiamenti.

E nello spirito, molto pragmatico, di questo mio intervento non approfondirò, come meriterebbero, tutti gli aspetti problematici evidenziati dalla tanta ed autorevole dottrina che si è occupata dell’innovazione introdotta, anche perchè – come spesso accade – è stato scritto tutto e il contrario di tutto, e noi poveri manovali del diritto non possiamo che attendere, con le dovute cautele, l’interpretazione che verrà data dalla giurisprudenza.

Mi limiterò quindi a fare un breve cenno ai due nuovi motivi di inammissibilità rimasti all’esito del travagliatissimo iter della riforma del procedimento di cassazione, tanto per cercare di assolvere all’arduo compito di fornire consigli di massima sulla redazione del ricorso.

Ai sensi del (nuovo) art. 360 bis il ricorso è inammissibile:

 

1)   quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte  e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare  mutare l’orientamento della stessa.

A parte l’infelice – ed apparentemente incomprensibile – previsione dell’ipotesi della “conferma”, sembrerebbe scontato affermare che il limite all’impossibilità di impugnare una sentenza di secondo grado che ha enunciato principi conformi ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale del Supremo Collegio sia dato dalla necessità di fornire “elementi” per mutare tale orientamento. C’è da chiedersi se qualcuno potrebbe pensare che sarebbe stato possibile fare qualcosa di diverso, e sperare nel contempo nell’accoglimento del ricorso. Evidentemente si è solo voluto enfatizzare la (auspicata) funzione uniformatrice e nomofilattica della Corte. 

Il consiglio, quindi, in questo caso, del tutto banale e, è semplicemente questo: così come, a fronte di una questione nuova ovvero di una questione in cui esista un contrasto di giurisprudenziale occorrerà argomentare le ragioni di diritto per convincere la Corte delle proprie tesi, ancor più,  ove la sentenza impugnata sia conforme alla giurisprudenza della Corte,