Ricerca Avanzata
   Tribunale di Bologna
   Tribunali Emilia-Romagna
   Corte d'Appello di Bologna
   Lo Studio nelle Alte Corti
 
Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 05/07/2006
Giudice: Marchesini
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: Poste Italiane SpA / Guizzardi ed altri
CAMBIO D’APPALTO - APPLICABILITA’ DELL’OBBLIGO PREVISTO DAL CCNL DI ASSUNZIONE DEI LAVORATORI PRIMA OCCUPATI IN QUEL SERVIZIO ANCHE IN CASO DI SUBAPPALTO – SUSSISTENZA.


Un azienda assumeva un appalto c.d. “multiservizi” comprendente vari attività tra cui quello della pulizia dei locali del committente e, non avendo competenze specifiche per svolgere detto servizio, provvedeva a subappaltarlo ad un’altra società.

Si apriva la consultazione sindacale previsto dall’art. 4 del c.c.n.l. Multiservizi, per il passaggio dei lavoratori dall’impresa uscente a quella subappaltante, ma in detta sede quest’ultima società affermava di non essere obbligata ad assumere i lavoratori , sostenendo che, in assenza di una successione diretta con l’impresa subentrante, l’art. 4 non troverebbe applicazione in caso di subappalto. Sulla base di detta argomentazione la società subentrante assumeva solo una parte delle lavoratrici e con contratti a termine di pochi mesi, scaduti i quali le licenziava.

Con ricorso ex art. 700 c.p.c., venivano impugnati i contratti a termine e veniva richiesta la costituzione del rapporto di lavoro anche ai sensi dell’art. 4 del c.c.n.l. Multiservizi, motivando la richiesta di provvedimento d’urgenza con il fatto che, siccome il contratto di appalto aveva una durata di due anni, il tempo necessario per un giudizio di merito avrebbe pregiudicato la possibilità per le lavoratrici di poter essere assunte dalla futura e nuova impresa subentrante.

Il ricorso viene accolto dal Tribunale sulla base delle seguenti motivazioni. Osserva il Giudice che l' 4 del contratto Multiservizi "ha la finalità di garantire la continuità dei rapporti di lavoro in caso di continuità del servizio, nella fattispecie in cui un'azienda subentri ad un'altra nella erogazione di un determinato servizio appaltato da un soggetto committente". Pertanto il CCNL "è direttamente applicabile alla società subentrante nel servizio, a prescindere dalla qualificazione del titolo di subentro, come appalto o subappalto": sono quindi da considerarsi nulli i contratti a termine fatti sottoscrivere dal subappaltatore alle ricorrenti sia per contrasto con l'art. 4 del CCNL Multiservizi sia per contrasto con l'art. 1 del dlgs 368/2001 in quanto non ne sono esplicitate le ragioni. Il Tribunale pertanto ordina all'azienda subappaltatrice di assumere le lavoratrici alle proprie dipendenze con contratto a tempo indeterminato e con lo stesso orario di lavoro svolto durante la gestione uscente, con inquadramento al 2° livello del CCNL Multiservizi e conseguente retribuzione.




Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 08/06/2007
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 344/07
Parti: E. Amurri / Upim S.r.l.
AUSILIARI DELL’APPALTATORE - RECUPERO CREDITI RETRIBUTIVI - RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEL COMMITTENTE ANCHE IN CASO DI APERTURA DI UNA PROCEDURA CONCORSUALE NEI CONFRONTI DELL’APPALTATORE- EFFICACIA DOMANDA STRAGIUDIZIALE – COMPENSANZIONE DEL CREDITO RESID


art. 1676 c.c.

art. 2043 c.c.

Il tribunale di Bologna, con la sentenza che si annota, ha affrontato la questione relativa alla tutela del credito dei lavoratori la cui opera viene prestata in esecuzione di un contratto d’appalto, soffermandosi - nel riconoscere la responsabilità solidale del committente - con particolare attenzione sulla misura della responsabilità, valutata al momento della domanda promossa in via stragiudiziale dagli ausiliari dell’appaltatore.

I ricorrenti dipendenti di una società cooperativa, denominata Team System s.c.a.r.l., erano tutti impiegati presso un appalto di servizi di pulizia, commissionato alla stessa cooperativa da una amministrazione pubblica. Non venendo pagati dall’appaltatore per l’opera prestata per il compimento del servizio appaltato, agivano - dopo essersi procurati dei titoli giudiziari definitivi - in via diretta nei confronti del committente ex art. 1676 c.c. per il recupero delle retribuzioni arretrate.

Il particolare i ricorrenti chiedevano la condanna dell’amministrazione appaltante alla corresponsione delle retribuzioni dovute dal momento dell’inadempimento dell’appaltatore fino alla cessazione dell’appalto. Seppur un’esplicita richiesta formale di corresponsione delle spettanze dovute fosse pervenuta al committente soltanto successivamente, quest’ultimo, pur conoscendo lo stato d’insolvenza retributiva dell’appaltatore, aveva continuato a versare alla società appaltatrice i corrispettivi relativi al servizio appaltato. All’inadempimento dell’appaltatore era seguito, infatti, uno stato di agitazione dei lavoratori e un’astensione collettiva dal lavoro proclamata dalle locali organizzazioni sindacali.

I ricorrenti chiedevano dunque che fosse dichiarata - fin dall’insorgenza dell’inadempimento datoriale - nei confronti degli ausiliari l’inefficacia dei pagamenti all’appaltatore del prezzo dell’appalto, effettuati dal committente nonostante la conoscenza dell’insolvenza retributiva .

Il committente, affermava, invece, che oltre a non dover nulla in ragione dell’avvenuto pagamento di parte del corrispettivo dell’appalto, per quanto riguarda il saldo ancora dovuto all’appaltatore, questo doveva considerarsi compensato in ragione dei danni subiti per l’inadempimento nella misura prevista dalle penali contemplate nel contratto di appalto.

Il giudice ha fissato innanzitutto il principio secondo cui il titolo e il limite della responsabilità diretta del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore sono quelli dell’art.1676 cod. civ., escludendo nell’ipotesi in esame la configurazione di una responsabilità aquiliana.

Di seguito il giudice, incentrando l’attenzione alla regola espressa dall’art.1676 cod. civ. che pone come limite della responsabilità del committente il debito che questi aveva verso l’appaltatore al momento della domanda, ha precisato - confermando un orientamento giurisprudenziale già consolidato - che con tale termine può ragionevolmente intendersi anche la domanda stragiudiziale, ritenendo tuttavia che a questa non possa essere assimilata la conoscenza che abbia il committente dell’inadempimento del datore di lavoro. Sulla scia di tale impostazione, secondo il giudice, nemmeno può essere considerata domanda ai sensi dell’art.1676 cod. civ. la richiesta formulata oralmente al committente di sospendere i pagamenti all’appaltatore. Nel caso in esame soltanto la richiesta formale di pagamento (nella specie trasmessa via fax) al committente è stata ritenuta idonea ad integrare la domanda stragiudiziale ex art. 1676 cod. civ..

Si osserva che su tale delicata questione la pronuncia in epigrafe sembra contraddirsi giacché pur sancendo in generale il principio secondo cui l’azione ex art.1676 cod. cv. possa proporsi in via stragiudiziale, se ne discosta successivamente ritenendo non efficace né la domanda formulata oralmente, né la conoscenza dell’insolvenza del datore di lavoro da parte del committente.

Inoltre la decisione appare importante in quanto il giudice ha escluso che la pubblica amministrazione committente possa compensare i crediti residui dovuti all’appaltatore con i l’importo delle penali previste dal contratto di appalto.

Il giudice con la decisione in commento ha riconosciuto fondate le domande svolte dai ricorrenti, condannando l’amministrazione pubblica al pagamento delle retribuzioni degli ausiliari dell’appaltatore, fino alla concorrenza dei compensi per l’appalto non ancora corrisposti all’appaltatore al momento della domanda stragiudiziale, nonché dei corrispettivi maturati successivamente alla domanda formale seppur già versati all’impresa appaltatrice, ritenendo il pagamento effettuato dal committente inefficace nei confronti dei lavoratori. Il giudice ha altresì ritenuto che la responsabilità del committente dovesse estendersi anche alle somme accantonate presso il Ministero a garanzia del corretto svolgimento del contratto pari al 5% del prezzo dell’appalto e non liquidate all’appaltatore, escludendo invece che della garanzia fideiussione dovuta per contratto dall’appaltatore potessero giovarsi i lavoratori. Ha infine ritenuto i crediti retributivi fatti valere dai ricorrenti comprensivi anche delle spese legali sostenute per l’accertamento dei crediti stessi nei confronti del debitore principale.

La sentenza che si annota pur non soffermandosi sulla natura dell’azione diretta ex art. 1676 cod. civ., ne riconosce il carattere eccezionale, conformandosi a quell’indirizzo che individua la ratio della norma citata nel rafforzamento della garanzia dei crediti di lavoro negli appalti, sul presupposto che è il committente che si avvantaggia dell’opera la quale è il risultato del lavoro degli ausiliari dell’appaltatore.

Nell’occasione il giudice pur non affrontando direttamente l’annosa questione relativa all’autonomia dell’azione rispetto al contratto d’appalto, sembra conformarsi a quell’orientamento non cristallizzato in giurisprudenza che ritiene insensibile il credito diretto degli ausiliari alle vicende modificative o estintive del rapporto obbligatorio tra appaltatore e committente (nella specie la compensazione tra rispettive poste attive e passive). Invero, pur non essendo emersa nel corso del giudizio tale eccezione - essendo l’amministrazione convenuta rimasta contumace - nel caso in esame risultava dagli atti processuali la determinazione del committente di non adempiere, lamentando la causazione di danni da parte dell’appaltatore.

Infine emerge – seppur la questione non sia stata affrontata direttamente - come sia ininfluente l’apertura di una procedura concorsuale sull’azione degli ausiliari (nel caso in esame la procedura di liquidazione coatta), ciò in ragione della natura autonoma dell’azione intrapresa dai lavoratori ex art. 1676 cod. civ. .




Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 08/06/2007
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 344/07
Parti: L.M./ Agenzia delle Entrate di R.E., dell’Emilia Romagna e di Roma
APPALTO DI SERVIZI DI PULIZIA - RECUPERO CREDITI RETRIBUTIVI - RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEL COMMITTENTE ANCHE IN CASO DI APERTURA DI UNA PROCEDURA CONCORSUALE NEI CONFRONTI DELL’APPALTATORE - EFFICACIA DOMANDA STRAGIUDIZIALE – COMPENSANZIONE DEL CREDITO R


- art. 1676 c.c.

- art. 2043 c.c.

I ricorrenti, dipendenti di una società cooperativa ed impiegati presso un’amministrazione pubblica (Prefettura) per svolgere servizi di pulizia, non venendo pagati dall’appaltatore per l’opera prestata per il compimento del servizio appaltato, agivano - dopo essersi procurati dei titoli giudiziari definitivi - in via diretta nei confronti del committente ex art. 1676 c.c. per il recupero delle retribuzioni arretrate.

Il particolare i ricorrenti chiedevano la condanna dell’amministrazione appaltante alla corresponsione delle retribuzioni dovute dal momento dell’inadempimento dell’appaltatore fino alla cessazione dell’appalto. Seppur un’esplicita richiesta formale di corresponsione delle spettanze dovute fosse pervenuta al committente soltanto successivamente, quest’ultimo, pur conoscendo lo stato d’insolvenza retributiva dell’appaltatore (all’inadempimento dell’appaltatore era seguito, infatti, uno stato di agitazione dei lavoratori e un’astensione collettiva dal lavoro proclamata dalle locali organizzazioni sindacali), aveva continuato a versare alla società appaltatrice i corrispettivi relativi al servizio appaltato. comtrollare

I ricorrenti chiedevano dunque che fosse dichiarata - fin dall’insorgenza dell’inadempimento datoriale - nei loro confronti (in quanto ausiliari-dipendenti dell’appaltatore) l’inefficacia dei pagamenti all’appaltatore del prezzo dell’appalto, effettuati dal committente nonostante la conoscenza dell’insolvenza retributiva . Il committente, affermava, invece, che oltre a non dover nulla in ragione dell’avvenuto pagamento di parte del corrispettivo dell’appalto, per quanto riguarda il saldo ancora dovuto all’appaltatore, questo doveva considerarsi compensato in ragione dei danni subiti per l’inadempimento nella misura prevista dalle penali contemplate nel contratto di appalto.

Il giudice ha fissato innanzitutto il principio secondo cui il titolo e il limite della responsabilità diretta del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore sono quelli dell’art. 1676 cod. civ., escludendo nell’ipotesi in esame la configurazione di una responsabilità aquiliana.

Con riferimento alla regola espressa dall’art. 1676 cod. civ., che pone come limite della responsabilità del committente il debito che questi aveva verso l’appaltatore al momento della domanda, il Tribunale di Bologna ha precisato - confermando un orientamento giurisprudenziale già consolidato - che con tale termine può ragionevolmente intendersi anche la domanda stragiudiziale, ritenendo tuttavia che a questa non possa essere assimilata né la conoscenza che abbia il committente dell’inadempimento del datore di lavoro, né la richiesta formulata oralmente al committente di sospendere i pagamenti all’appaltatore. Nel caso in esame soltanto la richiesta formale di pagamento (nella specie trasmessa via fax) al committente è stata ritenuta idonea ad integrare la domanda stragiudiziale ex art. 1676 cod. civ. (e su tale delicata questione la pronuncia sembra contraddirsi giacché, pur sancendo in generale il principio secondo cui l’azione ex art.1676 cod. cv. possa proporsi in via stragiudiziale, se ne discosta successivamente ritenendo non efficace né la domanda formulata oralmente, né la conoscenza dell’insolvenza del datore di lavoro da parte del committente).

La decisione appare comunque importante per una serie di ragioni. Innanzi tutto il Tribunale ha riconosciuto fondate le domande svolte dai ricorrenti, condannando l’amministrazione pubblica al pagamento delle retribuzioni degli ausiliari dell’appaltatore, fino alla concorrenza dei compensi per l’appalto non ancora corrisposti all’appaltatore al momento della domanda stragiudiziale, nonché dei corrispettivi maturati successivamente alla domanda formale seppur già versati all’impresa appaltatrice, ritenendo il pagamento effettuato dal committente inefficace nei confronti dei lavoratori.

Inoltre il giudice ha escluso che la pubblica amministrazione committente possa compensare i crediti residui dovuti all’appaltatore con l’importo delle penali previste dal contratto di appalto, ritenendo che la responsabilità del committente debba estendersi anche alle somme accantonate presso il Ministero a garanzia del corretto svolgimento del contratto pari al 5% del prezzo dell’appalto e non liquidate all’appaltatore (escludendo però che della garanzia fideiussoria dovuta per contratto dall’appaltatore potessero giovarsi i lavoratori). Ha infine ritenuto i crediti retributivi fatti valere dai ricorrenti comprensivi anche delle spese legali sostenute per l’accertamento dei crediti stessi nei confronti del debitore principale.

La sentenza che si annota, pur non soffermandosi sulla natura dell’azione diretta ex art. 1676 cod. civ., ne riconosce il carattere eccezionale, conformandosi a quell’indirizzo che individua la ratio della norma citata nel rafforzamento della garanzia dei crediti di lavoro negli appalti, sul presupposto che è il committente che si avvantaggia dell’opera la quale è il risultato del lavoro degli ausiliari dell’appaltatore. In particolare viene considerato insensibile il credito diretto dei dipendenti dell’appaltatore alle vicende modificative o estintive del rapporto obbligatorio tra appaltatore e committente: nella specie la compensazione tra rispettive poste attive e passive, risultando dagli atti processuali la determinazione del committente - che lamentava la causazione di danni da parte dell’appaltatore - di non pagare integralmente quanto dovuto.

Infine emerge – seppur la questione non sia stata affrontata direttamente - come sia ininfluente l’apertura di una procedura concorsuale sull’azione degli ausiliari (nel caso in esame la procedura di liquidazione coatta), ciò in ragione della natura autonoma dell’azione intrapresa dai lavoratori ex art. 1676 cod. civ




Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 21/01/2009
Giudice: Pugliese
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 37/09
Parti: Marina R. / Star srl
APPALTO - FALLIMENTO DELL’APPALTATORE - AZIONE DEGLI AUSILIARI APPALTATORE CONFIGURABILE – APPALTO PUBBLICO - RESPONSABILITA’ COMMITTENTE - CONFIGURABILE.


ART. 1676 C.C.

ART. 29, 2°c., D.LGS. 276/2003

 

Alcuni  dipendenti di una società (I.M.P.L.E. S.r.l.) aggiudicataria di un appaltoper la realizzazione di alloggi destinati alla residenza agevolata commissionato dall’Azienda Casa Emilia Romagna (ACER) convenivano in giudizio la società ex datrice di lavoro e contestualmente il committente, assumendo di aver lavorato presso l’appalto citato come muratori e di essere rimasti creditori di somme per retribuzioni maturate e non corrisposte alla cessazione del rapporto di lavoro.  Concludevano il ricorso chiedendo la condanna in solido delle convenute per il pagamento delle competenze retributive reclamate, oltre al risarcimento del danno per illegittimo licenziamento (comminato oralmente dal datore di lavoro durate l’esecuzione dell’appalto).

La società ex datrice di lavoro non si costituiva in giudizio e veniva dichiarata contumace. Diversamente il committente si costituiva in giudizio contestando le pretese attoree e chiedendo il rigetto integrale del ricorso, rilevando in particolare che l’appalto in questione doveva riterenersi pubblico con la conseguente inapplicabilità ad esso dell’art. 29, 2° c., d.lgs. 276/2003.

Dopo l’espletamento dell’interrogatorio libero dei ricorrenti e delle prove testimoniali la causa veniva rimessa in decisione ed in seguito interrotta a causa dell’intervenuto fallimento dell’appaltatore. Successivamente il processo veniva riassunto dai ricorrenti nei confronti sia della curatela del fallimento - con domanda limitata ex art. 24 L.F. all’accertamento del rapporto di lavoro e della sussistenza dell’illegittimo licenziamento - sia nei confronti del committente con domanda di condanna (retributiva e risarcitoria) derivante dai suddetti accertamenti. A tale riassunzione si opponeva il committente.

Il Giudice, disponeva la prosecuzione della causa, poi pronunciandosi sulla questione relativa all’applicazione delle disposizioni previste rispettivamente: a) dall’art. 1676 c.c. - in forza della quale coloro che alle dipendenze dell’appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda - al committente (ente pubblico economico); b) dall’art. 29 d.lgs. n.  276/2003 -  in forza del quale il committente è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti - nel caso di fallimento dell’appaltatore.

In particolare il giudice, con la pronuncia in commento, conferma l’indirizzo interpretativo condiviso in giurisprudenza secondo il quale l’apertura del procedimento fallimentare (o di altra procedura concorsuale) nei confronti dell’appaltatore non comporta l’improcedibilità dell’azione ex art. 1676 c.c. precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, trattandosi di azione autonoma tra terzi (ausiliari e committente) estranei al fallimento, con la quale gli ausiliari fanno valere un diritto proprio nei confronti di una somma (il corrispettivo dell’appalto) che prima del pagamento è ancora nel patrimonio del committente, terzo rispetto al fallito (incidendo quindi, tale azione, solo indirettamente sul patrimonio del fallito).  In tal senso si è pronunciata anche recentemente la Suprema Corte con sentenza 24 ottobre 2007 n. 22304.

Con ciò valorizzando la finalità della citata disposizione, la quale risponde proprio all’esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del datore di lavoro-appaltatore, attraverso l’apprestamento di un mezzo di tutela eccezionale, esperibile nei confronti del committente che, pur restando del tutto estraneo al rapporto di lavoro, si è comunque avvantaggiato dell’attività prestata dagli ausiliari.

Ciò premesso il giudice - incentrando l’attenzione sull’art. 1676 c.c. - ha condannato il committente al pagamento delle spettanze retributive reclamate sino alla concorrenza del debito del committente stesso verso l’appaltatore al momento della domanda, ponendo alla base della decisione i conteggi allegati dai ricorrenti (ritenuti redatti in modo esatto).  

Infine il Tribunale - atteso che nel caso concreto lo stesso committente quantificava il debito sussistente verso l’appaltatore in misura superiore rispetto alle somme reclamate dai ricorrenti - nulla ha statuito circa la questione della sufficienza della mera richiesta stragiudiziale ovvero della necessità di una vera e propria domanda giudiziale affinché sia realizzato l’effetto dell’inefficacia solutoria del pagamento fatto all’appaltatore ex art. 1676 c.c..

Del pari non vi è stata alcuna statuizione sull’eccezione sollevata da ACER circa l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 29, 2° c., d.lgs. 276/2003 alle Pubbliche Amministrazioni, essendo stato risolto il giudizio alla luce della norma contenuta nell’art. 1676 c.c.. Merita al riguardo tuttavia rilevare che l’orientamento attualmente prevalso in giurisprudenza afferma l’applicabilità anche agli appalti pubblici della disposizione sopra richiamata, non riguardando l’esclusione prevista dal d.lgs. 276/2003 la PA nel suo ruolo istituzionale (v. Trib. Pavia 29.4.2006 e Trib. Milano 18.11.2008). 

La sentenza che si annota, in sintonia con l’opinione consolidata in giurisprudenza, conferma, tuttavia,  l’applicabilità dell’art. 1676 c.c. agli appalti conferiti dalle Pubbliche Amministrazioni.

 

Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 22/11/2009
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento:
Parti: FRANCESCA T./ COIMEC Srl, CIOMEC Srl in liquidazione / ADIMPIANTI Srl / AD di DEI ANTONIO / EMILIANA IMMOBILIARE SrL / INPS / DPL Parma
CREDITI DI LAVORO – RESPONSABILITA’ SOLIDALE EX ART. 29 D.LGS. 276/2003 – APPALTO – CONTRATTO DI NOLO A CALDO - SUSSISTENZA DEL CONTRATTO DI APPALTO.


Art. 29 d.lgs. 276/2003

 

Il Tribunale di Bologna accoglie il ricorso di un lavoratore, dipendente di una società di autotrasporto di ghiaia e terra, che aveva convenuto in giudizio, in qualità di obbligati solidali ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, la committente principale dell’appalto e la società subcommittente, chiedendone la condanna al pagamento delle retribuzioni dovutegli dal datore di lavoro subappaltatore.

Le convenute hanno eccepito entrambe l’inapplicabilità dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, contestando la qualificazione come appalto (e subappalto) del contratto intercorso tra le medesime ed il datore di lavoro del ricorrente e affermando trattarsi invece di nolo a caldo.

Il Tribunale adito ha respinto l’eccezione, ritenendo sussistente un vero e proprio appalto ai sensi dell’art. 1655 c.c., con conseguente responsabilità solidale dell’appaltatrice e della subappaltatrice in ordine al pagamento dei crediti retributivi del lavoratore.

In particolare, il Giudice afferma che per l’esecuzione del servizio di trasporto era necessario “non solo il nolo di un automezzo, ma anche la prestazione d’opera di un guidatore  e cioè l’organizzazione di capitale e lavoro”, che “esisteva la gestione a rischio dell’appaltatore” e che “eventuali ingerenze del committente nell’esecuzione del servizio non sembrano incompatibili con la disciplina dell’appalto e con i poteri dalla stessa accordati al committente”.

Il Giudice inoltre conclude rilevando come “la fattispecie del nolo a caldo e dell’appalto dei servizi possono essere assimilate, sussistendo la stessa ratio di tutela del lavoratore dipendente dell’impresa effettivamente operante”.




Tribunale di Bologna > Appalto e Subappalto
Data: 08/03/2011
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento:
Parti: S. MAURO + ALTRI /PIETRO MAZZONI AMBIENTE SPA E TRENITALIA SPA
RECUPERO CREDITI DI LAVORO – RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEL COMMITTENTE – AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELL’APPALTATORE –INTERRUZIONE DEL PROCESSO – ESCLUSIONE .- IMPROCEDIBILITA’ DEL RICORSO NEI CONFRONTI DELL’APPALTATORE E PROSECUZIONE DEL GIUDIZIO NEI C


Art. 1218 c.c.

Art. 1676 c.c.

Art. 29, secondo comma, D.LGS. 276/2003

Art. 35, comma 34 D.LGS. 223/2006

D.LGS. 270/1999

 

Il Tribunale di Bologna accoglie il ricorso di un gruppo di lavoratori per il recupero di alcuni emolumenti retributivi proposto nei confronti del datore di lavoro, nonché della società committente dell’appalto presso cui i dipendenti erano adibiti nel corso dei rapporti di lavoro.

La committente si costituiva eccependo, nel merito, la mancata prova dell’adibizione all’appalto dei lavoratori ed eccependo altresì che in applicazione dell’art. 35, comma 34 del d.lgs. 223/2006, l’eventuale condanna dell’appaltante aveva ad oggetto i crediti al netto delle ritenute fiscali di legge

Alla prima udienza, in sede di verifica della regolarità della notificazione del ricorso alla Pietro Mazzoni Ambiente spa, non costituitasi in giudizio, emergeva che tale società era stata posta in amministrazione straordinaria.

Alla successiva udienza le parti precisavano le conclusioni. La committente chiedeva dichiararsi l’interruzione del processo a fronte dell’intervenuta amministrazione straordinaria, mentre i lavoratori chiedevano l’accoglimento della domanda nei confronti della sola committente, previa eventuale separazione della causa ai sensi dell’art. 103, secondo comma c.p.c., e l’interruzione del giudizio nei confronti della Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a.

Il Giudice premette anzitutto che “è pacifico che la causa interruttiva ha colpito la Pietro Mazzoni Ambiente spa, la quale, dunque, è l’unico soggetto legittimato a dolersi dell’eventuale irrituale continuazione del processo, nonostante il sopravvenire della procedura concorsuale di Amministrazione Straordinaria”.  Quindi richiama l’orientamento della Cassazione secondo cui “in caso di sottoposizione della società datrice di lavoro ad amministrazione straordinaria deve distinguersi (…) tra le domande del lavoratore che mirano a pronunce di mero accertamento (...) oppure costitutive (...) e le domande dirette alla condanna al pagamento di somme di denaro. Per le prime va, infatti, affermata la perdurante competenza del giudice del lavoro, mentre per le seconde nella procedura considerata (...) non opera la vis attractiva del foro fallimentare e si applica, invece, la regola della temporanea improcedibilità o improseguibilità della domanda davanti al giudice ordinario per la durata della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo” (Cass. 27679/2008; Cass. 5699/04; 15447/2000; 8635/1996; 162/1991). Applicando tali principi al caso in esame, con la sentenza in commento, il Giudice  dichiara “la temporanea improponibilità delle domande di condanna (…) contro la Pietro Mazzoni Ambiente spa, in considerazione della necessità di far valere la pretesa creditoria in via amministrativa, davanti al commissario liquidatore, salvo restando il successivo intervento del giudice per eventuali opposizioni ed impugnazioni dello stato passivo

Nel merito il Giudice ritiene provati documentalmente sia l’ininterrotto svolgimento delle prestazioni lavorative nell’ambito dell’appalto di Trenitalia, sia il rispetto del termine di decadenza di due anni dalla cessazione dell’appalto di cui all’art. 29 d.lgs. 276/2003.

Con la sentenza viene infine accolta l’eccezione della committente secondo cui la solidarietà passiva prevista dal citato art. 29, comma secondo va limitata soltanto agli importi afferenti i trattamenti retributivi dovuti al netto delle imposte, secondo quanto disposto dall’art. 35, comma 34 del d.lgs. 223/2006. Pertanto - conclude il Giudice - la condanna dell’appaltatrice va “emessa sugli importi dovuti ai lavoratori ..al netto delle ritenute fiscali di legge”.