Un dipendente di Poste Italiane chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo per differenze stipendiali. La datrice di lavoro propone opposizione al decreto ingiuntivo. Il lavoratore, costituendosi, svolge una domanda riconvenzionale, chiedendo un ulteriore compenso, non azionato in sede monitoria. Il Giudice, pur confermando il decreto opposto, dichiara inammissibile la riconvenzionale, affermando che «nello ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell'opposizione a decreto ingiuntivo l'opposto non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con la ingiunzione (v. espressamente sul punto, tra le altre, per citare le più recenti, Cass. n. 813/1999; Cass. n. 2820/1999; Cass. n. 11053/2001)», pena la violazione dell'art. 420, 1° comma cod. proc. civ., «che non consente l'introduzione nel giudizio di domande nuove, consentendo solo la modifica della domanda originariamente proposta in presenza di gravi motivi e previa autorizzazione del giudice». D'altronde lo «attuale testo dell'art. 183, c. 4 prima parte c.p.c. … sostanzialmente ribadisce come l'attore possa proporre … una domanda riconvenzionale solo quale conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto»; e questo è «un principio di portata generale», applicabile «sia nell'ambito del processo di opposizione a decreto ingiuntivo sia nell'ambito del processo del lavoro»
|