Ricerca Avanzata
   Tribunale di Bologna
   Tribunali Emilia-Romagna
   Corte d'Appello di Bologna
   Lo Studio nelle Alte Corti
 
Tribunale di Bologna > Risarcimento danni
Data: 18/11/2003
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 905/03
Parti: Santoro / Poste SpA
COMPORTAMENTI VESSATORI E PERSECUTORI - DANNI NON PERMANENTI - RISARCIBILITA'


Una lavoratrice che lamentava di aver subito comportamenti ingiuriosi, diffamatori e discriminatori da parte di due colleghe ad essa sopraordinate conveniva in giudizio la società datrice di lavoro invocando gli artt. 2087 c.c., per non aver questa fornito la prova di aver adottato tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale della prestatrice di lavoro, e 1228 c.c. con il quale il legislatore ha esteso alla sfera contrattuale la norma contenuta dell'art. 2049 del medesimo codice. Valutate le risultanze delle prove testimoniali in connessione con gli esiti della consulenza medico-legale, il Giudice del lavoro di Bologna ha considerato provato il nesso di concausalità prospettato dal consulente, riconoscendo alla lavoratrice la somma di Euro 6.700,00 per danno biologico relativo ad una inabilità temporanea assoluta di sei mesi, oltre ad una somma a titolo di danno morale, individuata con valutazione equitativa nel trenta per cento del danno biologico




Tribunale di Bologna > Risarcimento danni
Data: 02/08/2004
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 784/04
Parti: Comunicazioni Italia s.r.l. / INPS
TRATTATIVE PER LA CONCLUSIONE DI UN CONTRATTO DI AGENZIA NON PORTATE A TERMINE. RISARCIMENTO DANNI DA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE: SUSSISTENZA


Una società intenzionata a costituire una linea di informazione scientifica proponeva ad un agente propagandista, già occupato presso altra società, la conclusione di un contratto di agenzia, fissando persino la data di inizio del rapporto. Questi, anche se l’accordo non era stato ancora formalizzato e se restavano da definire alcuni aspetti di dettaglio, si dimetteva rinunciando al preavviso in vista dell’assunzione del nuovo incarico. La società, peraltro, abbandonava il proprio progetto ritenendolo troppo costoso e conseguentemente l’agente la citava in giudizio avanti al giudice del lavoro chiedendo la condanna al risarcimento dei danni. Secondo il Giudice del lavoro di Bologna la nozione di buona fede, ai sensi dell’art. 1337 c.c., deve essere intesa in senso oggettivo, non essendo necessario un particolare comportamento soggettivo di malafede, ed essendo viceversa sufficiente un comportamento meramente colposo della parte che ha interrotto le trattative, eludendo in tal modo le aspettative di chi confidava nella conclusione del contratto. Si tratta di una regola di giudizio che si giustifica sia in ragione dell’interesse tutelato, che è l’affidamento incolpevole, sia della natura dell’illecito, che è extra contrattuale.

Con riferimento al caso concreto, ha ritenuto sussistente una condotta colposa della società, costituita nell’aver intrapreso trattative, e nell’aver assunto impegni nei confronti di terzi, senza aver preventivamente valutato la sostenibiltà dei costi connessi all’impresa economica cui quegli impegni erano finalizzati; in tal modo suscitando il legittimo affidamento del ricorrente, che ha confidato sulla serietà dell’organizzazione imprenditoriale e sulla coerenza nel tempo dei suoi comportamenti e degli impegni presi. Venendo alla quantificazione del danno, per il danno emergente ha condannato la società al pagamento del danno pari alla perdita del preavviso seguito al recesso in tronco dal precedente datore di lavoro, mentre ha commisurato il lucro cessante alla durata minima del contratto, una volta che esso fosse stato immediatamente disdettato, considerando anche che l’aspettativa ragionevole del ricorrente fosse quella di guadagnare, col nuovo impiego, non meno di quanto guadagnasse con quello precedente




Tribunale di Bologna > Risarcimento danni
Data: 27/08/2007
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 45/07
Parti: Maria Cristina A. / Poste Italiane e ALI S.p.A.
DEMANSIONAMENTO DI UN PILOTA – RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE – DANNO EMERGENTE ALLA PROFESSIONALITA’ E LUCRO CESSANTE PER MANCATO SVILUPPO DI CARRIERA – LIQUIDAZIONE EQUITATIVA – POTERE DEL GIUDICE DI LEGITTIMAZIONE PREVENTIVA DI LICENZIAMENTO DISCI


Art. 2103 c.c.

Art. 13 St. Lav.

Art. 2043 c.c.

Art. 1226 c.c.

Art. 429 c.p.c.

Un pilota di aerei di seconda evoca in giudizio la società sua datrice di lavoro per ottenere, tra l’altro, il risarcimento del danno alla professionalità conseguente al suo mancato impiego, protrattosi per oltre quattro anni, nelle mansioni di pilota per cui era stato assunto, nonché del lucro cessante riferito al mancato incremento stipendiale determinato dal mancato sviluppo di carriera. La società convenuta si costituisce contestando le domande avversarie per infondatezza in fatto ed in diritto, e chiedendo in via riconvenzionale al giudice, tra l’altro, di accertare e dichiarare l’inadempimento grave del G. e per l’effetto riconoscere tale fatto quale violazione del principio di buona fede contrattuale che legittima la risoluzione del rapporto di lavoro per fatto e colpa del lavoratore.

Il Tribunale di Bologna accoglie la domanda di dequalificazione, condividendo l’assunto attoreo secondo il quale per un pilota volare costituisce la mansione di gran lunga più qualificante e più caratteristica della sua professionalità ed a cui è collegata la progressione di carriera (con conseguenti cospicui aumenti salariali). Il Giudice ravvisa infatti nel caso di specie la sussistenza della dequalificazione del pilota imputabile all’azienda datrice di lavoro, sussistendo prove documentali e testimoniali comprovanti che egli avesse volato meno dei colleghi di pari qualificazione ed accorda conseguentemente il risarcimento al pilota del danno patrimoniale subito. In particolare il Giudice evidenzia che “una tale dequalificazione così protratta nel tempo, abbia arrecato seri danni al bagaglio professionale del G., sia sotto il profilo statico (deperimento della professionalità già acquisita) sia sotto quello dinamico (perdita si chances)” e ritiene equo liquidare il danno alla professionalità come danno emergente nel 50% delle retribuzioni relative al periodo compreso tra la data di assunzione del pilota e la data di deposito del ricorso, e come lucro cessante per mancato sviluppo di carriera la somma di € 15.000, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c..

La domanda riconvenzionale della convenuta viene invece respinta poiché l’ordinamento non consente al giudice di legittimare preventivamente un licenziamento disciplinare, “in quanto l’esercizio del potere di recesso appartiene esclusivamente al datore di lavoro ed il controllo dell’autorità giudiziaria è configurato dall’ordinamento come successivo”.




Tribunale di Bologna > Risarcimento danni
Data: 13/01/2009
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 9/09
Parti: Antonio O. e altri / I.M.P.L.E. S.r.l. /ACER
DEQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE - DANNO NON PATRIMONIALE – RISARCIBILITA’ – CRITERI DI VALUTAZIONE EQUITATIVA: UNA MENSILITA’ PER OGNI MESE DI DEMANSIONAMENTO


Art. 2103 Cod. Civ.

Art. 2043Cod. Civ.

 

 

Dopo aver chiesto ed ottenuto dallo stesso Tribunale di Bologna una sentenza di accertamento di lavoro subordinato nei confronti di Telecom Italia - presso la quale aveva lavorato in forza di un contratto di fornitura di lavoro temporaneo,  ritenuto illecito -  un lavoratore conveniva nuovamente in giudizio la stessa società, lamentando di essere stato inquadrato nel quarto livello, con assegnazione di mansioni diverse ed inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte, anziché nel quinto livello, come veniva indicato  nella parte motiva della sentenza stessa. Egli infatti, mentre in precedenza  si occupava di gestione dei softrware e delle banche dati informatiche dell’impresa, controllando il loro regolare funzionamento ed intervenendo nei casi di blocco del sistema, anche in orario notturno e quindi con turni di reperibilità, successivamente alla ricostruzione del rapporto egli era stato addetto al servizio clienti del call center, in risposta alle chiamate ai nn. 187 prima e 191 poi.

In corso di  causa, la Corte d’Appello di Bologna statuiva espressamente il diritto del lavoratore all’inquadramento al quinto livello. Accertato ciò, e considerato “indubitabile che l’inquadramento attualmente riconosciuto è al quarto livello e pertanto deve ritenersi che le mansioni svolte siano deteriori rispetto a quelle che egli ha diritto di svolgere”, ed appurato che “la dequalificazione è in re ipsa, e discende dalla forza esecutiva della sentenza già resa inter partes” il Giudice si pone il problema “di valutare l’esistenza  e l’ammontare dei danni alla professionalità”. Infatti “perché sussista il danno e il conseguente diritto al risarcimento occorre provare non solo la dequalificazione, che in questo giudizio è un postulato da non muovere, ma la perdita di un bene non patrimoniale, rappresentato dalla professionalità e dalla sua proiezione soggettiva, in termini di autostima, di soddisfazione personale, di riconoscibilità sociale del proprio lavoro”.

Dopo aver accertato, sulla base delle risultanze istruttorie, che le competenze professionali relative al lavoro svolto in precedenza erano andate perdute a seguito del trasferimento al call center, ove le procedure sono del tutto predeterminate, il Tribunale così si pronuncia: “Il risarcimento del danno deve avere carattere globale e non può che essere equitativa: esso deve tener conto anche di una particolare afflittività del comportamento tenuto da Telecom, che ha negato al ricorrente l’inquadramento cui aveva diritto anche dopo due pronunce giudiziali. Si stima equo liquidare il danno in misura pari alle retribuzione mensile per tutto il tempo della dequalificazione subita”.




Tribunale di Bologna > Risarcimento danni
Data: 11/12/2008
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 652/08
Parti: Roberto T. + 4 / Cigar S.p.a.
DEQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE – DEMANSIONAMENTO – SUSSISTENZA – DANNO “INTERNO” ALL’IMMAGINE: RISARCIBILITA’ – CRITERI DI VALUTAZIONE: UN TERZO DELLA RETRIBUZIONE.


Art. 2103 Cod. Civ.

Art. 2087 Cod. Civ.

Art. 2043 Cod. Civ.

Art. 1226 Cod. Civ.

 

Un lavoratore che svolgeva compiti di hub supervisor presso un centro di smistamento della società con turni di lavoro notturno veniva sostituito nelle mansioni da un altro dipendente ed assegnato, con comunicazione scritta da parte del datore di lavoro, ad altro incarico. La determinazione aziendale veniva poi pubblicata nella newsletter aziendale.

Il lavoratore conveniva in giudizio la società avanti al Tribunale di Bologna assumendo l’illegittimità del mutamento di mansioni in quanto dequalificante e  chiedendo la condanna del datore di lavoro alla reintegra nelle mansioni precedentemente svolte o in altre equivalenti, oltre che il risarcimento dei danni patrimoniali, esistenziali ed all’immagine patiti.

Il Tribunale di Bologna ha accolto la domanda, ritenendo provato, all’esito dell’interrogatorio libero delle parti e sulla base della documentazione in atti, che le mansioni assegnate al lavoratore fossero di livello professionale inferiore rispetto a quelle precedentemente espletate. Il Giudice in particolare ritiene sussistente la dequalificazione professionale in quanto “le mansioni assegnate non comportano lo sviluppo della professionalità precedentemente acquisita, che è una professionalità esercitata sul campo”.

In ordine poi alle domande risarcitorie il magistrato ha escluso il danno all’immagine per la pubblicazione della decisione aziendale nella newsletter aziendale in quanto non era stata data notizia della rimozione del lavoratore né delle nuove mansioni conferite, ma unicamente della nomina di un altro dipendente. Al contrario il Giudice ha ritenuto sussistente un pregiudizio all’immagine del lavoratore nei confronti degli altri dipendenti addetti al centro di smistamento che hanno potuto avere esperienza del mutamento di mansioni, e che certamente potevano apprezzare la minore rilevanza della nuova collocazione lavorativa. Tale voce di danno è stata quantificata dal Giudice in via equitativa nella misura  di un terzo della retribuzione globale di fatto maturata sin dall’inizio della dequalificazione.