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Tribunale di Bologna > Comportamento antisindacale
Data: 10/07/2002
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Decreto
Numero Provvedimento: -
Parti: Fiom Cgil/Delphy Italia Automotive System s.r.l.
SCIOPERO GENERALE REGIONALE CON PRESCRIZIONI DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA; MANCATO ACCORDO SINDACALE E CONSEGUENTE COMANDATA DA PARTE DELLA SOCIETÀ DI UN ESORBITANTE NUMERO DI LAVORATORI PER ASSERITE PRESTAZIONI INDISPENSABILI; INTERVENTO IMMEDIATO DELLA


In occasione dello sciopero generale proclamato dalla CGIL a difesa dell’art. 18 dell’11 luglio 2002 per la regione Emilia Romagna, l’art. 28 ha dimostrato una straordinaria vitalità e capacità di tempestivo intervento, esattamente nei termini e per le finalità previste dal legislatore del 1970. Nel fine settimana precedente il giorno dello sciopero (che cadeva di giovedì), infatti Poste Italiane SpA aveva disposto, nelle diverse città della regione, l’apertura di un notevole numero di uffici, ed una corrispondente comandata di lavoratori, asseritamente necessari a garantire i servizi pubblici essenziali. Appena quattro mesi prima la Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sui servizi pubblici essenziali aveva, con deliberazione del 7 marzo 2002, fissato alcuni criteri ai quali le parti avrebbero dovuto attenersi nel definire consensualmente le prestazioni minime essenziali: tra essi, ad esempio, che nell’accettazione delle raccomandate e delle assicurate il servizio da rendere all’utenza fosse limitato alla sola fase dell’accettazione e non anche a quella dell’inoltro degli oggetti; che gli uffici prescelti per l’apertura fossero raggiungibili dai centri serviti dagli uffici più vicini in un tempo medio di percorrenza non superiore ad un’ora in base alla velocità commerciale dei mezzi pubblici; che le prestazioni indispensabili fossero garantite attraverso il personale strettamente necessario alla loro completa erogazione, individuato sulla base del criterio della rotazione. Nel corso delle trattative, peraltro, la società proponeva un numero di uffici e di presenze decisamente esorbitanti rispetto a quelli effettivamente indispensabili, evidentemente condizionata dall’esigenza di garantire alla propria utenza la nuova «immagine» di una società efficiente rispetto a quella che in passato caratterizzava il servizio pubblico. Le organizzazioni sindacali dimostravano la propria disponibilità formulando proprie proposte alternative, ma non si perveniva ad un accordo, ed in occasione dello sciopero di cui si tratta, pochi giorni prima, la società disponeva unilateralmente le comandate per un numero di lavoratori, ad esempio, di gran lunga superiore rispetto a quanto disposto, appena tre mesi prima, per lo sciopero generale nazionale del 16 aprile 2002 proclamato da CGIL-CISL e UIL. Venivano presentati tre ricorsi per denuncia di comportamento antisindacale proposti dalle rispettive SLC-CGIL provinciali presso i Tribunali – Sezione Lavoro di Bologna e Forlì lunedì 8 luglio 2002 (nel Tribunale di Parma addirittura martedì 9), evidenziando la necessità di una tempestiva fissazione di udienza nel termine dei «due giorni successivi al deposito» previsto dall’art. 28 (termine il più delle volte disatteso nella prassi giudiziaria) allo scopo di ottenere una pronuncia del magistrato in tempo utile per consentire l’esercizio del diritto di sciopero nella giornata del giovedì successivo. Veniva altresì chiesta ed ottenuta l’autorizzazione alla notifica del provvedimento di fissazione di udienza a mezzo fax. Per tutti tre i ricorsi veniva fissata l’udienza di comparizione delle parti per il mercoledì precedente lo sciopero ed in pari data i tre ricorsi venivano accolti. Tutti tre i provvedimenti hanno censurato la condotta dell’azienda definendola antisindacale, seppur adottando soluzioni differenziate. In particolare, il Giudice del Lavoro di Bologna, nel decreto di cui viene riportato il dispositivo, ritiene che «il comportamento di Poste Italiane non è antisindacale per il solo fatto di avere, in assenza di previo accordo tra le parti, proceduto a determinare unilateralmente i servizi da garantire e il numero degli addetti da destinare agli stessi; lo è nella misura in cui, ciò facendo, ha violato le prescrizioni di legge e quelle dettate dalla Commissione di Garanzia». Valutando, poi, la diversa condotta tenuta dalla società appena tre mesi prima in occasione dello sciopero nazionale e, rilevando che essa ha disposto l'apertura di uffici ad una distanza reciproca inferiore all'ora, nonché il comando di personale da adibirsi a lavoro non di sportello, definisce «antisindacale il comportamento di Poste Italiane, in relazione alle determinazioni dalla stessa adottate in occasione della giornata di sciopero di domani, 11.7.02, nella misura in cui tali determinazioni comportano un incremento del numero dei dipendenti comandati al lavoro rispetto a quanto stabilito per il giorno di sciopero del 16.4.02»; infatti – prosegue il decreto -, «..in assenza di un accordo sindacale, in assenza di disservizi provati o anche solo dedotti, e a fronte del fatto che quelle determinazioni non furono contestate dalle organizzazioni sindacali, le stesse appaiono come il miglior punto di equilibrio per contemperare le esigenze della società con il diritto di sciopero dei dipendenti». Il Giudice ha quindi ordinato alla società di adottare le medesime determinazioni fissate in occasione dell’astensione collettiva di aprile. Il Tribunale di Forlì (Giudice dott. Iuzzolino), con decreto del 10 luglio 2002, dopo aver affermato che «è fuori dubbio che un certo numero di sedi postali deve essere aperto, ma esso va contenuto in modo da consentire l’utenza di servizi essenziali sia pure con l’onere per il cittadino di subire una certa situazione di disagio. Del resto lo sciopero in sé crea disagio e tale conseguenza va accettata da tutti», ordina a Poste Italiane l’apertura del numero di uffici e l’utilizzo dei contingenti di personale contemplati dalla controproposta avanzata, nel corso delle trattative, dalle delegazioni sindacali, con obbligo per le unità comandate «di assicurare l'apertura di uno sportello in ciascun ufficio per servizi essenziali, urgenti ed improcrastinabili». Una posizione ancora diversa viene assunta dal Giudice del Lavoro di Parma (dott. Brusati) il quale con decreto del 10 luglio 2002 - rigettando l’eccezione sollevata in tal senso dalla convenuta – anzitutto, precisa che il sindacato del Giudice sulle determinazioni adottate dalla società risulta pienamente ammissibile in quanto «non vi è infatti alcuna valutazione sul merito di tali determinazioni ma semplicemente il giudizio in ordine alla rispondenza di tali determinazioni ai criteri stabiliti dalla predetta delibera, con un giudizio che non certo attiene al merito di quanto deciso al riguardo da Poste italiane s.p.a.». Ciò premesso, il Giudice rinviene il profilo dell’antisindacalità nella violazione, da parte di Poste Italiane, dei criteri stabiliti dalla Commissione di Garanzia nella citata delibera, tenendo conto anche di un ulteriore aspetto ovvero del fatto che lo sciopero del 11 luglio 2002 era stato proclamato solo da una sigla sindacale, al contrario di quanto era invece accaduto in data 16 aprile 2002. Da ciò, ad avviso del Giudice emerge «un’attività discriminatoria nei confronti di parte ricorrente limitativa del diritto di sciopero nei confronti di tutti quei dipendenti che sarebbero costretti a recarsi al lavoro per garantire prestazioni non in armonia con quanto dettato dalla più volte citata delibera della competente Commissione di Garanzia». Il Giudice, pertanto, ha ordinato alla società di «predisporre un sistema di comandate ed aperture sportelli in armonia con i criteri di cui alla delibera 7 marzo 2002 della Commissione di Garanzia».