Art. 669/13 cod. proc. civ.
Art. 33 L. 104/1992
A seguito di reclamo su ricorso ex art. 700 c.p.c. di una dipendente dell’Agenzia delle Entrate – che aveva fatto domanda di fruire di trasferimento o di permessi retribuiti mensili ex art. 33 L. 104/1992 o in subordine del distacco temporaneo previsto dalla Circolare n. 76762 del 12/2/2001, in ipotesi di sopravvenute esigenze di prestare assistenza a familiari invalidi per il personale di Agenzia delle Entrate – il Collegio ha parzialmente accolto le ragioni della lavoratrice. Ha innanzi tutto respinto, confermando l’ordinanza reclamata, il ricorso per quanto concerne trasferimento a distanza, affermando l’interesse legittimo al trasferimento presuppone, al fine di poter trovare tutela, che l’esigenza del disabile ad una continuativa assistenza preesista all’assunzione lavorativa del soggetto esercitante l’assistenza medesima; per converso, la norma non considera né tutela la necessità di assistenza insorta in epoca successiva alla costituzione del rapporto di lavoro del familiare disponibile a rendere assistenza al disabile, pur ponendo ciò in evidenza una carenza normativa già evidenziata dallo stesso Tribunale (cfr. sentenza 619/2005).
Con riferimento al distacco di cui alla Circolare citata – estensiva, come detto, della tutela alla disabilità sopravvenute – il Collegio ha parimenti confermato l’ordinanza nel profilo del non essere stato almeno in sede cautelare accertata l’impossibilità di assistenza da parte di altro familiare (il fratello della ricorrente) vivente a minor distanza dal disabile da assistere.
Per quanto invece concerne la domanda di permessi retribuiti mensili, il Tribunale di Reggio Emilia ritiene quanto segue: A) la norma non condiziona assolutamente il riconoscimento dei permessi mensili al fatto che l’assistente viva nel luogo in cui dimora l’assistito o in luogo vicino o lontano; B) il concetto di continuità dell’assistenza richiesto ai fini dei permessi non può coincidere con l’identico concetto utilizzato a proposito di trasferimento e distacco, ostandovi la nozione stessa dei permessi in una minima esigenza mensile, denotante inevitabilmente una molto saltuaria presenza fisica presso l’assistito (sicuramente di molto inferiore a quella ottenibile con il trasferimento e distacco).
Ne deriva che, nella fattispecie in esame, l’assistenza continuativa va intesa in senso lato, dovendosi ritenere prevalente “proprio in ragione della variabile distanza tra luogo di lavoro dell’assistente e luogo di lavoro dell’assistito, nei periodi non interessati da permessi un’assistenza organizzativa e morale consentita dai moderni mezzi di comunicazione” non escludente però assistenza materiale in occasione dei giorni non lavorativi e delle ferie (e di una tale praticata assistenza pare dare atto la stessa ordinanza reclamata), che diviene poi, nei giorni di permesso, vera e propria assistenza materiale, ove occorra anche di tipo infermieristico (accompagnamento a visite mediche, al compimento di affari di rilievo etc.).
La correttezza delle tesi esposte diviene, del resto, evidente ove si ponga mente che la disciplina dei permessi è uniforme nel sacrificio richiesto ai datori di lavoro ed è funzionale a garantire a chi ne necessita una miglior assistenza. Conseguentemente il Collegio, in parziale riforma dell’ordinanza reclamata, dichiara il diritto della lavoratrice ai permessi mensili retribuiti di cui all’art. 33, legge n. 104/1992 a far tempo dal documentato aggravamento ulteriore delle condizioni, già precarie, della madre della ricorrente stessa.
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