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Tribunale di Bologna > Contratti a termine
Data: 20/07/2011
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 746
Parti: X. v. Verdefrutta Srl
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO – RECESSO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO PRIMA DELLA SCADENZA – ILLEGITTIMITA’ – RISARCIMENTO DEI DANNI NELLA MISURA PARI ALLE RETRIBUZIONI FINO ALLA SCADENZA DEL TERMINE.


Un lavoratore, premesso di essere stato assunto in data 11 agosto 2009 con contratto a tempo determinatosino all'11 agosto 2010 secondo il C.C.N.L. Commercio Terziario e di essere stato licenziato, con lettera datata 14 aprile 2010, per la riduzione dell'attività lavorativa - e, dunque, per giustificato motivo oggettivo - assumendo l'illegittimità del recesso dal contratto a termine (non essendo fondato su giusta causa) ha convenuto in giudizio Verdefrutta S.r.l. chiedendone la condanna, previo accertamento dell'illegittimità del licenziamento impugnato, al risarcimento del danno per l'anticipato recesso quantificato nell'importo delle retribuzioni perdute. Alla prima udienza il giudice invitava i difensori a discutere la causa e quindi pronunciava sentenza della quale veniva data contestuale lettura del dispositivo e dei motivi di diritto della decisione.

Il giudice, presa visione della documentazione relativa  ad un contratto a tempo determinato con scadenza 11 agosto 2010, constata che con lettera datata 14 aprile 2010 la società datrice di lavoro ha comunicato al lavoratore che "a causa di una forte riduzione dell'attività lavorativa dovuta alla crisi congiunturale del settore" era costretta ad intimare il licenziamento con cessazione del rapporto di lavoro alla data del 30 aprile 2010. Chiamata in giudizio dal dipendente, la datrice di lavoro ha ribadito che il recesso era stato adottato in conseguenza di un'improvvisa contrazione dell'attività aziendale, avendo la società - operante nel commercio all'ingrosso di prodotti ortofrutticoli e fornitore per conto di Concerta S.p.A. di importanti unità di ristorazione - in conseguenza di una variazione nella compagine sociale della committente, perduto gran parte degli ordini affidati ad altri operatori economici.

Ciò premesso, osserva il Tribunale di Bologna “che i contratti a tempo determinato, a differenza di quelli stipulati a tempo indeterminato, obbligano le parti alla loro esecuzione sino alla scadenza del termine posto al contratto e che, di conseguenza, il recesso può essere adottato, da entrambe le parti del rapporto - datore di lavoro e lavoratore - ai sensi della disciplina generale di cui all'articolo 2119 del codice civile solo nell'ipotesi di giusta causa: il recesso "ante tempus", in mancanza di una giusta causa ai sensi dell'art. 2119 cod. civ., è illegittimo per violazione del termine contrattuale e obbliga il recedente al risarcimento integrale del danno, da liquidarsi secondo le regole comuni di cui all'art. 1223 cod. civ.. Ciò in quanto il lavoratore ha diritto alla retribuzione fino alla scadenza del termine, oltre al risarcimento degli ulteriori danni, con detrazione - ove il datore di lavoro ne fornisca la prova - di quei guadagni che il lavoratore abbia eventualmente conseguito da un'occupazione successiva al licenziamento o avrebbe potuto conseguire se non fosse stato negligente nel reperire altra occupazione (cfr., in tema di contratto di formazione e lavoro che costituisce una species rientrante nel genus del contratto a tempo determinato, Cass. 2822/97 e n. 16849/03).

Richiama poi il giudice una recente decisione (n. 3276/09) del supremo Collegio secondo cui “il rapporto di lavoro a tempo determinato, al di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 cod. civ., può essere risolto anticipatamente non già per un giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966, ma soltanto in presenza delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli artt. 1453 e ss. cod. civ.. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato.

Nella motivazione si legge quanto segue: la disciplina di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604 non si applica, per espressa previsione della stessa, ai rapporti di lavoro a tempo determinato” Quindi, al di fuori dell’ipotesi di giusta causa, ove venga addotta come motivo del recesso ante tempus una riorganizzazione dell'assetto produttivo, deve necessariamente farsi riferimento alle normali regole dei contratti, in forza delle quali non è consentito ad una delle parti contraenti assumere iniziative che eventualmente rendano non più (o meno) utile la prestazione della controparte. In altri termini, se in un rapporto per il quale non sia previsto preventivamente un limite di durata e sia assistito dalla garanzia di una stabilità (più o meno intensa), può pensarsi che sopravvengano delle ragioni, che rendano oggettivamente non più conveniente mantenere in vita il rapporto, ciò non vale quando la durata sia limitata nel tempo, soprattutto se è il datore che, in considerazione di particolari sue esigenze, si avvalga dello strumento del contratto a termine.

In base a tale principio di diritto, consegue l'irrilevanza di ogni indagine volta ad accertare l'esistenza del giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del recesso, dovendosi, soltanto, puntualizzare che, nella fattispecie in esame, non ricorre alcuna ipotesi legittimante la risoluzione del contratto di lavoro secondo i principi generali sanciti dagli articoli 1453 e seguenti del codice civile. In particolare viene esclusa l'ipotesi della sopravvenuta impossibilità totale della prestazione, di cui all'articolo 1463 c.c., dal momento che la società convenuta ha regolarmente continuato a svolgere la propria attività anche dopo la comunicazione al lavoratore del recesso.

Nè può rilevare che il licenziamento troverebbe causa in una improvvisa ed inaspettata contrazione dell'attività aziendale dovuta ad una perdita consistente degli ordinativi da parte del principale committente e, cioè, da parte di Concerta S.p.A. Trattasi, infatti, di una asserita situazione di crisi aziendale che avrebbe determinato la necessità di ridimensionare l'attività commerciale, cui sarebbe conseguita l'esigenza di sopprimere il posto di lavoro del dipendente. Pertanto, i fatti posti a fondamento del recesso non possono che integrare - astrattamente - un giustificato motivo oggettivo di licenziamento e non l'ipotesi della sopravvenuta impossibilità totale della prestazione di cui all'articolo 1463 c.c.

Il Tribunale di Bologna dichiara pertanto illegittimo il licenziamento intimato, condannando la società al risarcimento del danno da quantificare nelle retribuzioni perdute dal lavoratore tra la data di cessazione del rapporto (30 aprile 2010) e la data di scadenza del termine inizialmente apposto al contratto di lavoro (11 agosto 2010). La somma liquidata titolo di risarcimento del danno, maggiorata degli interessi e rivalutazione dal 30 aprile 2010, non è stata destinata a subire alcuna diminuzione, non avendo il datore di lavoro né allegato n