Un lavoratore che assumeva di essere stato licenziato oralmente e che il suo datore di lavoro aveva utilizzato una lettera di dimissioni di cui disconosceva la sottoscrizione - e che comunque asseriva essere stata eventualmente rilasciata "in bianco" - conveniva in giudizio avanti al Pretore del lavoro di Bologna la società producendo in giudizio una registrazione telefonica. Il datore di lavoro ne disconosceva il contenuto ed il Tribunale (nel frattempo succeduto all'Ufficio del Pretore soppresso) non ammetteva la richiesta CTU e respingeva il ricorso. In sede di appello la Corte di Bologna, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, stabiliva i seguenti principi: - non è vietata la riproduzione da parte del destinatario di un messaggio telefonico, incriminando l'art. 615 bis cod. pen. solo le indebite interferenze da parte di terzi estranei alla conversazione (Cass. n. 8219/96; n. 12206/93); - Il giudice può dedurre argomenti di prova da una registrazione su nastro magnetico solo quando almeno una delle parti, tra le quali la conversazione si svolge, sia parte in causa (v. Cass. n. 8216/96); - un nastro magnetico contenente la registrazione di un colloquio non può essere assimilato ad un documento, esigendo detto nastro verifiche, anche di natura tecnica, circa le modalità di formazione e la mancanza di manomissioni (Cass. n. 8219/96; n. 1862/96; n. 4171/87); - la registrazione su nastro magnetico può costituire prova a norma dell'art. 2712 cod. civ. solo se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta e il tenore risultante dal nastro ( Cass. n. 12715/98; n. 8219/96); Poiché nel caso esaminato dalla Corte d'Appello il datore di lavoro aveva tempestivamente negato che la conversazione fosse effettivamente avvenuta anche la Corte - così come il primo giudice - non ha ritenuto ammissibile il giudizio di verificazione applicabile alle scritture private
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