Art. 7 legge n. 300/1970
Art. 8 legge n. 604/1966
Con riferimento a fatti verificatisi il 14.8.2003 il datore di lavoro inviava lettera di contestazione datata 21.8.2003 e successivamente licenziava il dipendente con lettera 1.9.2003. Il Tribunale di Parma, respinte le istanze di prove testimoniali articolate dalle parti, ha dichiarato l’illegittimità del recesso condannando la ditta – in ragione delle sue dimensioni occupazionali – a riassumere il lavoratore o a pagargli, a titolo risarcitorio, un’indennità pari a quattro mensilità. Il primo giudice ha infatti rilevato che il datore di lavoro non aveva fornito la prova della preventiva contestazione di addebito, in quanto la lettera 21.8.2003 risultava pervenuta solo il 25.9.2003 (e quindi dopo il licenziamento) all’indirizzo cui era stata spedita, dove peraltro il lavoratore aveva precisato di non avere più la sua residenza e che era diverso da quello dove gli era stata poi recapitata la lettera di licenziamento. Il Tribunale sottolineava anche che era comunque impossibile identificare a chi fosse stata consegnata la lettera di contestazione, non essendo stato prodotto il relativo avviso di ricevimento. Chiamata a pronunciarsi su impugnazione della sentenza da parte della ditta, la Corte d’Appello di Bologna conferma la decisione di primo grado, richiamandosi ai principi espressi da Corte Cost. n. 427/1989 e Corte Cost. n. 204/1982 che hanno ribadito l’applicabilità delle garanzie procedimentali previste dall’art. 7 della legge n. 300/1970 alla “più grave delle sanzioni disciplinari” principi peraltro ripetutamente confermati dal Supremo Collegio (Cass. 6.10.2005 n. 19418; Cass. 27.2.2004 n. 4050; Cass. 21.12.1990 n. 12117; Cass. 13.2.1990 n. 1040; Cass. 5.12.1989 n. 5365; Cass. 5.12.1988 n. 6826; Cass. 23.6.1986 n. 4184). Dichiara pertanto del tutto infondata la tesi della ditta appellante volta ad escludere la necessità della previa contestazione dei fatti disciplinarmente rilevanti.
Per quanto concerne la tardività del recapito della lettera di contestazione, la Corte osserva che era onere della ditta – per una corretta applicazione di quanto sancito dal secondo comma dell’art. 7 della legge 300/70 – accertarsi della ricezione della stessa da parte dell’appellato, o comunque del suo arrivo all’indirizzo cui era stata spedita, prima di adottare ogni sanzione disciplinare. Poiché in mancanza di una previa e valida contestazione va esclusa la necessità di ogni accertamento in ordine all’eventuale sussistenza dei fatti (Cass. 20.7.1988 n. 7103), la Corte ribadisce l’irrilevanza delle prove testimoniali articolate in ordine a tali fatti e la conseguente infondatezza di quanto dedotto dalla stessa in merito alla mancata ammissione di dette prove, non senza evidenziare comunque l’inammissibilità di tale motivo di appello, a fronte della – peraltro assorbente – omessa specifica impugnazione dell’ordinanza con cui il Tribunale non le ha ammesse.
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