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ANNI DIECI: PROCESSO ALLA FIAT
Se un giorno qualcuno scriverà la Storia degli ultimi anni di FIAT in Italia (“ultimi” nel senso di “più recenti”, vogliamo sperare) negli Anni Dieci del XXI Secolo, dovrà inevitabilmente dedicare un capitolo al contenzioso giudiziario che ha visto contrapposti la FIAT alla FIOM. Contenzioso, come vedremo, ampio ed articolato, non certo perché la FIOM abbia scelto di privilegiare la “lotta giudiziaria” rispetto a quella sindacale, ma solo perché la strategia del più grosso gruppo industriale italiano ha perseguito l’estromissione dalle proprie fabbriche - prima fisica e poi giuridica - dei rappresentanti sindacali, e persino degli iscritti, appartenenti a quell’organizzazione. Le decine di cause promosse da FIOM, quindi, altro non sono che legittima difesa a fronte di un attacco senza precedenti, programmato, vien da pensare, con scientifica determinazione.


Il licenziamento disciplinare dopo la "legge Fornero"
Il Tribunale del lavoro di Bologna ha emesso una ordinanza - la prima, a quanto ci consta - in materia di licenziamento disciplinare irrogato dopo la legge Fornero (Legge n. 92/2012, in vigore dal 18 luglio 2012).


UN PROVVEDIMENTO ESEMPLARE, IN LINEA CON LA COSTITUZIONE
Con decreto del 27 marzo 2011 reso ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, il Tribunale di Bologna ha infatti dichiarato l’antisindacalità del comportamento della società Magneti Marelli di Bologna “per aver negato l’efficacia e legittimità delle nomine dei dirigenti della rappresentanza sindacale FIOM e tutte le conseguenti prerogative sindacali derivanti da tali nomine”.


Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Potenza
La motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Potenza sul licenziamento dei tre operai FIOM di Melfi, depositate il 23 marzo 2012, si caratterizzano per il rigore con cui, in 67 pagine, vengono affrontate le questioni di diritto e di fatto.
Rispetto alle prime, la Corte ricostruisce l’evoluzione della giurisprudenza in tema di diritto di sciopero, ricordando che gli unici limiti al suo esercizio sono “l’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti” essendo vietate (solo) “le forme di attuazione che assumano modalità delittuose in quanto lesive, in particolare, dell’incolumità e della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità produttiva dell’azienda (...). Nè può il datore di lavoro lamentarsi del danno alla produzione che deriva dall’astensione dal lavoro: “il fatto che lo sciopero arrechi danno al datore di lavoro, impedendo o riducendo la produzione dell’azienda è connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso”.


L’ARTICOLO 18 AL CAPOLINEA: MIND THE GAP di Alberto Piccinini
Cercando di districarsi nella girandola di informazioni che noi comuni mortali ritroviamo nei vari organi di stampa, un primo punto sembra incontroverso: i nemici da sempre dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ritengono di avere l’opportunità di portare a casa un ricco bottino. Nonostante questo rivelano un’incontenibile avidità che sembrerebbe non farli accontentare neppure di risultati fino a pochi mesi fa assolutamente impensabili.
Ma andiamo ad esaminare nel dettaglio le tre fattispecie sulle quali ruotano le più disparate ipotesi di “manutenzione” (= depotenziamento) dell’art. 18




RACCONTARE MELFI (atto secondo) - Avv. Massimo Vaggi
Un “atto primo” della vicenda di Melfi era stato proposto dal collega Alberto Piccinini, che partecipa al collegio difensivo di FIOM CGIL insieme a me, Franco Focareta e Lina Grosso (su questo sito nella sezione "Contributi").
Quel racconto – che non aveva altra pretesa se non quella di tentare di ricostruire i fatti di una vicenda che ha avuto ampia eco nel paese – merita oggi una sorta di “manutenzione” vista la novità costituita dal dispositivo del 23.2.2012 della Corte d’Appello di Potenza, che nel procedimento promosso da FIOM CGIL contro SATA S.p.A., ha confermato l’antisindacalità del comportamento dell’azienda e l’illegittimità dei licenziamenti intimati nel luglio del 2010 ai delegati FIOM Giuseppe Barozzino e Antonio Lamorte e al lavoratore, iscritto FIOM, Marco Pignatelli, dipendenti dello stabilimento di Melfi.


"Deleghe sindacali e cessione del credito" (A. Piccinini)
Il lavoratore iscritto al sindacato non firmatario del contratto collettivo nazionale può ancora dare la delega al datore di lavoro per il versamento del contributo sindacale?


Di fronte ai casi di contratti nazionali separati è sorto il dubbio se i lavoratori iscritti al sindacato che non ha aderito al rinnovo (la Fiom nel settore metalmeccanico, la Filcams nel commercio, ecc.), ed ai quali dunque potrebbe ritenersi non applicabile il nuovo contratto collettivo (la questione, come noto, è complessa e discussa), abbiano ancora diritto a versare i contributi sindacali tramite delega al datore di lavoro. Il dubbio sorge dal fatto che di solito tale diritto si fonda in primo luogo sulla previsione del contratto collettivo, la cui validità però, per quei lavoratori, nel caso è discussa, vi è poi da chiarire la disciplina di legge applicabile nel caso, complicata da alcune novità intervenute con la legge finanziaria del 2005.


"La controriforma del lavoro" (A. Piccinini e C. Ponterio)
1. Una controriforma incompiuta / 2. Il tentativo di conciliazione / 3. L’arbitrato / 4. La certificazione / 5. I limiti ai poteri del giudice / 6. Un nuovo sistema di decadenze.


"L'art. 16 del Collegato Lavoro e la (discutibile) opportunità per le pubbliche amministrazioni di revocare le trasformazioni a tempo parziale già concesse
La disciplina del tempo parziale nel settore pubblico è stata sottoposta, in questa legislatura, a ripetuti interventi diretti a limitare fortemente la possibilità del dipendente di ottenere la trasformazione da tempo pieno a parziale, che prima del 2008 costituiva un diritto (quasi) incondizionato. E’ evidente la concezione della maggioranza di centrodestra legata a un pregiudizio negativo nei confronti del part-time e dei suoi effetti sull’efficienza della pubblica amministrazione. La modifica introdotta dal Collegato lavoro (art. 16 legge 183/2010) è tuttavia particolarmente rilevante e grave, poiché incide sulla posizione di chi aveva già ottenuto la trasformazione prima del 2008, e quindi su diritti acquisiti in base alla previgente disciplina.


Raccontare Melfi - atto primo (Avv. A. Piccinini)
Il caso dei tre licenziamenti di Melfi ha occupato l’attenzione dell’opinione pubblica per tutto il mese di agosto 2010, tanto da indurre – come sempre accade in questo casi – tanti ”esperti” ad esprimere la loro opinione, spesso con scarsa cognizione di causa, non solo sui fatti ma persino sulle questioni di diritto ad essi connesse.
Proverò quindi a fare il punto della situazione per quanti, anche senza essere giuristi, desiderano approfondire la vicenda.


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